Si tende spesso a immaginare il Medioevo come un’epoca stagnante, quasi immobile, schiacciata tra la grandezza dell’antichità e il fervore del Rinascimento. Questa visione, ereditata dall’Illuminismo, non potrebbe essere più fuorviante. Tra l’VIII e il XV secolo, l’Europa attraversò fasi di progresso tecnologico e sociale che ebbero ripercussioni significative sull’ambiente. Il problema dell’inquinamento e della deforestazione, lungi dall’essere una prerogativa del mondo moderno e contemporaneo, era già una realtà con cui le società medievali dovevano confrontarsi.
Fino al X secolo, l’Europa era stata costantemente devastata da invasioni e saccheggi: i Vichinghi imperversavano dal Nord, i Magiari premevano da Oriente e i Saraceni minacciavano le coste dal Sud. Questo clima di instabilità aveva frenato lo sviluppo demografico e limitato la crescita economica. Solo con la fine delle grandi incursioni, intorno all’XI secolo, la popolazione iniziò lentamente ad aumentare. In alcune regioni, come la Germania, il cibo restava scarso, ma il trend era ormai innescato. Dai circa 22 milioni di abitanti dell’anno Mille, la popolazione europea raddoppiò, raggiungendo i 54 milioni nel giro di meno di tre secoli. Le città cominciarono ad espandersi, la domanda di cibo crebbe in modo esponenziale e con essa la necessità di trovare soluzioni per sostenere questa crescita. La innovazioni furono determinanti: la rotazione triennale delle colture aumentò la resa dei raccolti, mentre la diffusione dell’aratro pesante permise di lavorare terreni più duri e profondi. Il collare rigido da spalla, inoltre, rese più efficiente la trazione del cavallo, che progressivamente sostituì il bue in alcune aree. Tuttavia, per quanto significativi, questi miglioramenti tecnologici non bastarono a soddisfare la domanda alimentare.
Il vero fattore determinante fu l’espansione delle terre coltivabili. Se nel primo Medioevo i contadini e gli eremiti avevano abbattuto piccole porzioni di foresta per ricavarne campi, a partire dall’anno Mille il disboscamento assunse dimensioni imponenti. Feudatari, sia religiosi che laici, promossero campagne sistematiche di colonizzazione agricola, assegnando nuove terre ai coloni e ai servi. Fu un fenomeno su scala quasi industriale, che trasformò profondamente il paesaggio europeo, riducendo le aree boschive e dando vita a nuovi insediamenti rurali e urbani. Un dato eloquente: tra la fine del X secolo e la metà del XIV, la popolazione dell’Europa occidentale raddoppiò, mentre il manto forestale venne ridotto del 50%.
Impressionante fu il contributo degli ordini monastici, in particolare i benedettini e i cistercensi, i cui monasteri divennero dei veri e propri centri di innovazione agricola e di bonifica territoriale. Solo l’abbazia di Morimondo nel giro di pochi anni, grazie a un’imponente opera di bonifica, riuscì a mettere a coltura ben 1.700 ettari di terreno. Altrove, nei Paesi Bassi, le abbazie di Hohorst ed Egmont giocarono un ruolo cruciale nella creazione dei primi polder, costruendo dighe per prosciugare le zone paludose e rendere fertili ampie aree al confine con il mare. Questo lavoro non era svolto solo dai monaci, ma anche dai fratelli conversi e dai coloni che dipendevano dalle abbazie, rendendo i monasteri non solo luoghi di preghiera, ma veri e propri motori della crescita economica e della trasformazione ambientale del Medioevo. Persino lo storico ed ex presidente francese François Guizot osservò:
I monaci benedettini furono gli agricoltori d’Europa. La pulirono su larga scala, associando agricoltura e predicazione.
Abbattere i boschi era talmente radicato nella vita quotidiana del contadino medievale da diventare parte della sua identità sociale. In Francia, fino alla fine dell’Ancien Régime, i villani e i popolani in generale erano chiamati routuriers, termine derivato dal latino ruptura, che significa proprio “abbattimento” o “disboscamento”.
Quando le foreste iniziarono a scarseggiare, si ricorse sempre di più al carbone, che contribuì a un nuovo tipo di inquinamento: l’aria delle città medievali, già satura di fumo derivato dalla combustione di legna, venne ulteriormente compromessa dalle esalazioni del carbone. A Londra, nel 1285, la popolazione protestò contro l’uso del cosiddetto “carbone marino”, importato dal continente, poiché l’aria era diventata irrespirabile.
E se l’aria medievale era satura di fuliggine e fumi nocivi, le condizioni dell’acqua non erano migliori: le città, prive di un sistema fognario adeguato, scaricavano direttamente nelle fiumare e nei fiumi i rifiuti urbani, comprese le deiezioni umane. Un medico del IX secolo, Quisti ibn Qa, scrisse interi trattati sulla contaminazione dell’acqua, riconoscendo i pericoli per la salute. Lo stesso fece il grande matematico e medico Ibn Sina (Avicenna) nel XII secolo, suggerendo addirittura una separazione tra acqua potabile, acqua per la pulizia e acqua destinata alla cucina.
La pressione sulle risorse naturali rallentò solo con l’arrivo della Peste Nera nel XIV secolo, che decimò la popolazione e portò all’abbandono di molte terre coltivate. Le foreste ricrebbero rapidamente, ma l’inquinamento non scomparve: il carbone rimase una fonte energetica utilizzata in molte città, e il degrado delle acque continuò ad affliggere le grandi metropoli medievali.
L’idea che il Medioevo fosse un’epoca in cui la natura regnava incontaminata è dunque un mito da sfatare. Le città medievali erano rumorose, affollate e insalubri. L’aria e l’acqua erano spesso contaminate e il paesaggio forestale europeo veniva modificato su larga scala. Tuttavia, ciò che distingue le sfide ambientali medievali da quelle odierne è la loro percezione. Gli abitanti del Medioevo riconoscevano i danni ambientali, ma non li attribuivano a un modello di sviluppo da riconsiderare, bensì a punizioni divine o a cicli naturali inevitabili.
Oggi, la deforestazione e l’inquinamento continuano a essere problemi critici, ma con una consapevolezza completamente diversa. Se nel Medioevo si credeva che le foreste fossero il rifugio di creature fantastiche e che la loro esistenza fosse funzionale alla caccia e alla protezione, oggi sappiamo che sono fondamentali per l’equilibrio climatico e la biodiversità. Il carbone, che nei secoli XIII e XIV era una novità controversa, è ora una delle principali fonti di inquinamento globale. E l’acqua, che nei grandi centri medievali veniva data per scontata, è oggi una risorsa limitata per milioni di persone nel mondo.