Lo sport è famoso per episodi e personaggi leggendari, a volte anche inaspettati. La storia di Gus Kenworthy, sciatore britannico specialista in slopestyle, rientra a pieno titolo tra quelle che hanno scritto una pagina importante per il mondo dello sport e per quella dei diritti umani. Oggi, oltre che alla disciplina sportiva che lo vede vincitore di tre medaglie d’argento dopo essersi piazzato per ben 7 volte sul podio, il suo nome è legato ad un famosissimo bacio. No non stiamo parlando di Klimt, ma di diritti della comunità LGBTQ+, di cui lo stesso Kenworthy fa parte e per la quale è, ad oggi, impegnato come attivista.
Era il 2018 e in Sud Corea ai mondiali di Pyeongchang, dopo un infortunio alla mano, Kenworthy si classificò 12° in slopestyle; a fare il giro del mondo, però, fu una foto “rubata” di un semplice bacio che lo sciatore si era scambiato con il fidanzato Matthew Wilkas pochi secondi prima della gara. Quell’immagine è diventata un simbolo per le lotte della comunità LGBTQ+ e ha fatto di Kenworthy un simbolo di attivismo e inclusività. In realtà, per molti anni lo sportivo ha vissuto il rapporto con la sua sessualità in maniera oppressiva e con grande sofferenza.
Lo sciatore britannico ha raccontato di aver scoperto di essere omosessuale quando aveva solo cinque anni, rivelazione che si era manifestata con una grande preoccupazione da parte del piccolo Gus, consapevole di essere diverso da tutti i ragazzini che lo circondavano. Per lui, come per molti nelle sue stesse circostanze, la soluzione più sensata sembrò, almeno all’inizio, quella di reprimere questo sentimento provando ad imitare i modelli maschili etero e cisgender con cui si confrontava giornalmente.
La sofferenza però era molta: il giovane Kenworthy viveva con l’ansia costante di non essere “normale”, di non essere come gli amici o il fratello maggiore, con la paura che il suo segreto venisse prima o poi scoperto. In questi anni cominciò a praticare lo sci e, anche in questo caso, la situazione per lui non era per nulla semplice, soprattutto in occasione di gite e ritiri con il resto della squadra che prevedevano il pernottamento. Lo sciatore racconta di essersi sempre sforzato di addormentarsi sempre per ultimo, terrorizzato dall’idea che nel sonno avrebbe potuto rivelare il suo “oscuro segreto”.
Gus Kenworthy cresceva, ma con lui cresceva anche la sofferenza e la paura di essere scoperto era sempre più forte. I compagni di squadra erano soliti utilizzare un linguaggio omofobo e i contratti con gli sponsor si basavano per la maggior parte sull’immagine dello sportivo: uno sciatore gay, nella mente di Kenworthy, non sarebbe stato accettabile per nessuno. Le cose non migliorarono di certo con le Olimpiadi di Soči del 2014. La Russia, nazione ospitante, aveva appena approvato, tra le critiche del resto del mondo, una legge che rendeva formalmente illegale l’omosessualità.
In una mente già sopraffatta dalla paura come quella di Kenworthy, la notizia non fece altro che accrescere l’ansia e lo stress, e lo sportivo cominciò a sentirsi isolato dal resto del mondo. Nonostante ciò si aggiudicò un argento. Una vittoria importante che il campione non riuscì, però, a vivere con serenità: la sofferenza accumulata in tanti anni di paura e misteri si era fatta talmente forte da spingerlo a pensare al suicidio. Viveva ormai una vita pubblica, fatta di interviste, successi e riflettori, e una privata con il suo compagno, sempre nell’ombra e nella paura di essere scoperti. Nel 2015 il punto di rottura. Consapevole di aver raggiunto ottimi risultati nel suo sport, Gus Kenworthy decise di rischiare tutto facendo coming-out.
Finalmente era libero. Quel fardello che lo aveva oppresso per anni si faceva sempre più leggero man mano che raccontava ad amici e familiari della sua omosessualità, guadagnando ogni giorno più forza e autostima. Poco dopo arrivò il coming-out pubblico, grazie al quale lo sciatore si proponeva di rappresentare un punto di riferimento per tutte quelle persone che stavano vivendo la sua stessa sofferenza. Il risultato di questa ritrovata libertà fu una stagione sportiva grondante di vittorie, “la migliore di sempre“, secondo lo stesso Kenworthy.
Nel 2018, dopo che la famosa immagine del bacio divenne di dominio pubblico, Gus Kenworthy ebbe la conferma dell’infondatezza dei suoi antichi timori: la comunità LGBTQ+ lo trasformò in un simbolo e gli sponsor cominciarono a piovere. Non tutti, però, accettarono così positivamente la notizia e, soprattutto sui social, cominciarono a moltiplicarsi le offese e le minacce. A questa nuova situazione stressante, che colpì molto profondamente l’animo già estremamente turbato da anni di terrore di Kenworthy, è forse legata la sua caduta alle Olimpiadi coreane del 2018 che lo fece finire dodicesimo. Tuttavia, oggi Gus Kenworthy riesce a guardare il suo sport e la vita in generale con una maggiore positività e il futuro gli appare come una nuova pista da scoprire curva dopo curva.