Hugenberg hitler

Alfred Hugenberg e gli altri industriali che aiutarono Hitler a salire al potere

Negli anni Venti e nei primi anni Trenta, il nazionalsocialismo non era visto di buon occhio dalle élite economiche. Il partito di Hitler combinava un forte nazionalismo con un programma economico che si definiva socialista. Il suo programma politico, strutturato in 25 punti, attaccava esplicitamente banchieri e finanzieri, invocando la “rottura della schiavitù dell’interesse“, nonché gli industriali che avevano tratto profitto dalla produzione bellica. I profitti avrebbero dovuto essere confiscati dallo Stato senza compensazione e i dirigenti aziendali processati per tradimento. Il punto 13 del programma era chiaro: “Chiediamo la nazionalizzazione di tutte le entità aziendali esistenti“.

Per questo motivo, i grandi industriali preferirono sostenere partiti più moderati e favorevoli al libero mercato. In questa prima fase, pertanto, il finanziamento del partito nazista dipendeva da quote associative e donazioni volontarie. Tra le eccezioni vi erano alcune aristocratiche come Viktoria von Dirksen, Helene Bechstein ed Elsa Bruckmann, affascinate dal carisma del leader nazista, ma soprattutto l’industriale Fritz Thyssen, che donò al partito circa un milione di marchi e finanziò la sede del partito a Monaco.

Erede di una delle più grandi fortune industriali tedesche, Thyssen incontrò per la prima volta Hitler nell’autunno del 1923, dopo aver assistito a un comizio in una birreria. “Fu allora che compresi il suo dono oratorio e la sua capacità di guidare le masse” – ricordò l’industriale nelle sue memorie del 1941, I Paid Hitler – “Ciò che mi colpì di più, però, fu l’ordine che regnava nei suoi incontri, la quasi disciplina militare dei suoi seguaci.” Oltre alle donazioni, Thyssen organizzò per Hitler un incontro con i principali industriali di Düsseldorf il 27 gennaio 1932. “Il discorso fece una profonda impressione sugli industriali presenti” – raccontò Thyssen – “e di conseguenza numerosi contributi affluirono dai settori dell’industria pesante nelle casse del Partito Nazionalsocialista“. Questo finanziamento, stimato prudenzialmente in circa 2 milioni di marchi all’anno, fu canalizzato attraverso un intermediario fidato: Alfred Hugenberg.

Hugenberg, che era stato direttore della Krupp A.G., il grande produttore di acciaio e armi durante la Grande Guerra, fondò successivamente la Telegraph Union, un conglomerato di 1.400 giornali concepito per contrastare la stampa liberale e filo-democratica. Acquistò inoltre il controllo del più grande studio cinematografico tedesco, e ciò gli permise di orchestrare la sinergia tra cinema e stampa per promuovere la sua agenda conservatrice. Un giornalista della Vossische Zeitung, un importante quotidiano centrista, lo descrisse come “il grande diffusore delle idee nazionalsocialiste in tutta la nazione attraverso giornali, libri, riviste e film“.

Praticava quella che venne definita la Katastrophenpolitik, la “politica della catastrofe”, con l’obiettivo di polarizzare l’opinione pubblica e frammentare i partiti politici attraverso notizie incendiarie, alcune delle quali completamente inventate. Secondo una di queste false storie, il governo stava riducendo in schiavitù gli adolescenti tedeschi per venderli ai suoi alleati e saldare i debiti di guerra. Hugenberg calcolò che nella fragilità politica della Repubblica di Weimar, erodendo il centro politico, si sarebbe reso impossibile un ampio consenso al governo di Ebert e il sistema democratico sarebbe collassato. Come deputato del Reichstag, propose una “legge sulla libertà” per liberare il popolo tedesco dalla “schiavitù” della democrazia e dagli oneri del Trattato di Versailles, proponendo di processare e impiccare i firmatari del trattato e i funzionari governativi responsabili della sua attuazione. L’ambasciatore francese a Berlino lo definì “uno dei più malvagi geni della Germania“.

Nonostante entrambi fossero ferocemente anticomunisti, antidemocratici, anti-immigrati e antisemiti, le alleanze politiche tra Hitler e Hugenberg fallirono ripetutamente a causa delle loro ambizioni concorrenti. Entrambi erano inflessibili, testardi e convinti della propria superiorità. Hugenberg aveva parlato di un Terzo Reich già nel 1919, molto prima che Hitler emergesse sulla scena politica, e si vedeva come il futuro Reichsverweser, il “reggente del Reich”; i suoi seguaci lo salutavano con Heil Hugenberg!

A gennaio del 1933, però, il destino dei due uomini si intrecciò. Hugenberg, che aveva trasformato la sua ricchezza in potere politico, guidava il Partito Nazionalista Tedesco, il quale disponeva dei voti necessari affinché Hitler fosse nominato cancelliere. Hitler, a sua volta, aveva il potenziale per portare Hugenberg al potere. Un collaboratore di Hitler sintetizzò la loro relazione:

Hugenberg aveva tutto tranne le masse; Hitler aveva tutto tranne i soldi.

Dopo lunghe e accese trattative, fu raggiunto un accordo: Hugenberg avrebbe garantito a Hitler la cancelleria in cambio di un posto di rilievo nel governo come capo di un Superministerium che avrebbe accorpato i ministeri dell’Economia, dell’Agricoltura e della Nutrizione. Ma una volta al governo, il magnate non esitò ad intromettersi nella politica estera, causando imbarazzo e tensioni. E quando, nel giugno del 1933, avanzò richieste territoriali alla Conferenza Economica di Londra, Hitler decise che era giunto il momento di liberarsene. Il 29 giugno, Hugenberg si dimise.

Hugenberg hitler
Alfred Hugenberg, il primo in piedi a destra, nel gabinetto di Hitler dopo la sua nomina a cancelliere nel gennaio del 1933

Ormai, Hitler non aveva più bisogno né dei contatti imprenditoriali né del partito di Hugenberg. Nel febbraio 1933, infatti, Hermann Göring organizzò un incontro tra il Führer e i principali industriali del Paese, raccogliendo milioni di marchi. Grandi aziende come Krupp, Siemens, Mercedes-Benz, Allianz e I.G. Farben fornirono risorse cruciali alla macchina bellica nazista, spesso impiegando lavoratori forzati. I.G. Farben, ad esempio, fornì Zyklon B per le camere a gas dei campi di sterminio, mentre la Bayer condusse esperimenti medici su prigionieri di Auschwitz.

Al termine della guerra, diversi dirigenti industriali furono processati per crimini di guerra, ma molti riuscirono a ricostruire le loro carriere. Quanto a Hugenberg, finì i suoi giorni in disparte, lontano dai riflettori della politica che aveva cercato di dominare. Aveva giocato la sua partita con Hitler, convinto di poterlo controllare, ma alla fine si era ritrovato fuori gioco, vittima delle stesse dinamiche di potere che aveva contribuito a creare.

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