Nel suo ultimo libro, El arte de ser humanos (L’arte di essere umani), Rob Riemen, saggista olandese e fondatore del Nexus Institute, lancia un allarme sul ritorno del fascismo e individua nell’oblio della tradizione umanista una delle cause principali dei mali contemporanei. Riemen sostiene che viviamo in un’epoca segnata da crisi multiple, dalla sfiducia nella democrazia al riscaldamento globale, ma la radice di questi problemi risiede in una crisi culturale profonda. L’attenzione ossessiva per il progresso scientifico e tecnologico ha relegato le discipline umanistiche e le arti a un ruolo secondario, impoverendo così la nostra comprensione dell’animo umano.
Per comprendere appieno il messaggio di Riemen, è necessario inquadrarlo all’interno del contesto storico e culturale del XX e XXI secolo. Dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine della Guerra Fredda, il mondo sembrava avviato verso un’epoca di pace e prosperità. Il comunismo era sconfitto, la democrazia liberale aveva trionfato, e il capitalismo globale prometteva di sradicare la povertà. Tuttavia, come Riemen sottolinea, questa visione ottimistica si è rivelata illusoria. “Abbiamo voluto credere nel progresso eterno e ci siamo convinti che gli esseri umani siano buoni. Un mondo Disney. Ma i fatti ci mettono di fronte a prove essenziali che avevamo dimenticato“, scrive l’autore nel suo libro.
La realtà che abbiamo di fronte oggi è molto diversa. Riemen osserva che i leader populisti di estrema destra stanno guadagnando terreno in tutto il mondo, dall’ascesa di Marine Le Pen in Francia a quella di Geert Wilders nei Paesi Bassi. Questa crescita, afferma, è il segnale preoccupante di un ritorno al fascismo, un fenomeno che aveva già previsto nel suo saggio del 2010, L’eterno ritorno del fascismo.
Una pseudocultura è quella del kitsch, che ci fa credere che la vita debba essere divertente, sexy, frenetica, superficiale; un’altra è la pragmatica, quella della scienza e della tecnologia, che dice che solo ciò che è empiricamente calcolabile può essere vero e che conta solo ciò che è utile; un’altra è quello del capitalismo e dello spettacolo, che celebra la fama e la ricchezza; un’altra ancora è lo snobismo estetico, che venera con nostalgia le “belle opere” per sfuggire alla realtà. Il vuoto spirituale causato da queste pseudoculture incoraggia la disperazione che si traduce nell’uso di droghe, violenza o nazionalismo.
Un punto centrale nell’analisi di Riemen è l’amnesia storica che affligge la società contemporanea. Questa dimenticanza non è casuale, ma è il risultato di una “stupidità organizzata” promossa dalle élite e dal potere, che preferiscono mantenere le masse ignoranti e distratte.
Penso che il potere e le élite ci vogliano stupidi. Altrimenti, se fossimo meno stupidi, perché voteremmo per chi non risolve nulla? Perché dovremmo votare per delle sciocchezze?
Questa “stupidità organizzata” si manifesta in vari modi, tra cui l’ossessione per il progresso tecnologico e la dipendenza dai social media. La tecnologia, che dovrebbe essere uno strumento per migliorare la nostra vita, si è trasformata in una “vuota illusione” che ci mantiene in uno stato di distrazione permanente, impedendoci di affrontare le questioni fondamentali della vita.
Viviamo in una sorta di stupidità organizzata che provoca, tra le altre cose, un’amnesia della storia. Ecco perché non ricordiamo quei momenti tragici dell’umanità e questa doppia faccia, positiva e negativa, dell’uomo.
Di fronte a questa crisi, Riemen propone un ritorno all’umanesimo, inteso come un approccio alla vita che prende sul serio l’essere umano e le sue domande fondamentali. “L’umanesimo è la tradizione che prende sul serio l’idea dell’essere umano. Pertanto, per me, l’umanesimo inizia con Socrate e le domande fondamentali: cos’è una buona vita? Cos’è una buona società?” scrive l’autore.
Riemen sottolinea che l’umanesimo non è solo una tradizione intellettuale, ma un impegno pratico per proteggere la dignità umana e promuovere una società giusta. Nel suo libro, riprende il concetto di “umanesimo militante” proposto da Thomas Mann, che rappresenta una forma di resistenza attiva contro le forze che minacciano di distruggere la civiltà.
L’essenza dell’umanesimo è proteggere la dignità di ogni essere umano. E il modello politico dell’umanesimo è una democrazia in cui persone provenienti dai contesti più diversi possono vivere in armonia perché condividono valori fondamentali.
Riemen critica duramente anche le università, accusandole di essere diventate “bastioni della stupidità” per aver abbandonato la loro missione originaria di educare l’individuo in senso umanistico. Egli denuncia il fatto che le scienze dure e la tecnologia abbiano preso il sopravvento, relegando le discipline umanistiche a un ruolo marginale. “Le università dovrebbero offrire al mondo la conoscenza dell’universitas. L’Universitas è l’educazione liberale, che si esprime nella storia, nella filosofia, nelle lettere, nelle arti. Non sono scienze dure, ma rappresentano l’arte superiore della lettura, che ci permette di vedere le connessioni tra le cose e i fenomeni“, scrive.
Esprime particolare preoccupazione per l’uso crescente dell’intelligenza artificiale nel contesto accademico, che secondo lui rischia di rendere gli studenti più passivi e meno capaci di sviluppare un pensiero critico.
Ora gli studenti utilizzano ChatGPT per svolgere le loro tesi. Magari prenderanno anche un bel voto. Ma questo non consente loro di usare la loro comprensione e di sforzarsi di creare qualcosa di proprio. Questo rende le persone più stupide.
Riemen ci esorta a non cedere alle lusinghe del progresso tecnologico fine a se stesso e a riscoprire il valore della cultura, della saggezza e del pensiero critico. Solo attraverso un rinnovato impegno verso l’umanesimo, sostiene, possiamo sperare di costruire una società più giusta e di prevenire il ritorno di ideologie pericolose come il fascismo. “Voglio credere che abbiamo ancora un senso di qualità. Le persone sanno chi è un vero amico, sanno intimamente se la vita che stanno conducendo ha un significato oppure no.