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Le auto volanti sono finalmente arrivate?

Il manifesto di Founders Fund, una società di venture capital guidata dal volto noto della Silicon Valley nonché agitatore politico Peter Thiel, inizia con una domanda: “Cosa è successo al futuro?” Thiel, famoso soprattutto per il suo investimento in Facebook quando non era ancora il colosso che è oggi, crede che siamo arrivati al capolinea: troppo pigri per immaginare e spingerci oltre. Avremmo potuto tentare di conquistare pianeti vicini o trovare il modo di vincere la morte. Invece, abbiamo creato app. Un manifesto che nei toni e nei contenuti ricorda quello Futurista, redatto nel 1909 da F. T. Marinetti, il quale proponeva di abbattere la cultura museale morente italiana a favore di un culto delle macchine basato sulla velocità e sull’acciaio: “Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un’automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.” Thiel, non essendo un poeta, è stato più diretto: “Volevamo auto volanti, invece abbiamo avuto 140 caratteri“. David Graeber ha scritto:

Una domanda segreta ci aleggia sopra la testa, un senso di delusione, una promessa infranta che ci è stata fatta da bambini su come sarebbe dovuto essere il nostro mondo adulto. […] Dove sono insomma le auto volanti? Dove sono i campi di forza, i fasci traenti, le capsule di teletrasporto, le slitte antigravitazionali, i farmaci per l’immortalità, le colonie su Marte?

Graeber incolpava la burocrazia e le aziende preoccupate solo ai ritorni a breve termine per questo immobilismo che aveva tarpato le ali ai nostri sogni d’infanzia. Eppure, mentre parte dell’intellighenzia si lamentava per la mancanza delle auto volanti, un’altra, a quanto pare, le stava realmente costruendo. Appena tre mesi dopo il manifesto del Founders Fund, un inventore canadese di nome Marcus Leng convocò i suoi vicini e un paio di amici nella sua proprietà sul lago Ontario. Invitò i suoi ospiti a parcheggiare le loro auto in fila e a nascondersi dietro di esse. Si mise un casco e salì su un dispositivo che aveva costruito nel suo seminterrato. Aveva un telaio stretto, un sedile singolo e due ali fisse, una davanti e una dietro, ciascuna con quattro piccole eliche. Era contemporaneamente elegante e goffo, come se un cucciolo di orca fosse stato attaccato a due spazzaneve. Gli osservatori lo descrissero, per mancanza di un confronto migliore, come simile a un U.F.O. Leng lo chiamava il BlackFly.

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Oggi sono più di quattrocento le startup nell’ambito di ciò che viene chiamata l’industria della “mobilità aerea avanzata“. Il termine copre tutto, dai dispositivi simili ad auto volanti ai più tradizionali aeroplani, ma si riferisce generalmente agli eVTOL (velivoli elettrici a decollo e atterraggio verticale). Questi mezzi assomigliano più a degli elicotteri che ad automobili; potrebbero essere meglio descritti come veicoli aerei elettrici con la capacità di librarsi in aria e la flessibilità di andare da un punto all’altro senza i problemi di una macchina. Alcuni sono giocattoli monoposto: la Jetson One, un’azienda svedese, ha sviluppato un mezzo che assomiglia a una piccola gabbia aerodinamica e si manovra come l’X-wing di Luke Skywalker. Altri volano da soli: l’EHang, un’azienda cinese, ha testato un drone passeggeri autonomo con un design a quadricottero.

Uno dei motivi per cui l’idea delle auto volanti è rimasta presente è perché sembra offrire due tipi di libertà: da un lato, raggiungere la destinazione da A a B senza molte complicazioni; dall’altro, sperimentare l’euforia dell’esplorazione nella terza dimensione.

Qualche anno fa, J. Storrs Hall, esperto in nanotecnologia molecolare, ha pubblicato un manifesto intitolato “Dov’è la mia macchina volante?“, uno dei pochi documenti che affronta la questione in modo serio anziché simbolico. La storia di Storrs Hall non inizia con le fantasiose auto volanti del futuro, ma con quelle del passato. Negli anni Venti, un genio aeronautico spagnolo di nome Juan de la Cierva inventò qualcosa chiamato autogiro, una sorta di precursore dell’elicottero economico. Negli anni Trenta, Waldo Waterman vendeva una manciata di Aerobile, auto con ali rimovibili, mentre la compagnia aeronautica Cessna pubblicava annunci su riviste per la Family Car of the Air, un piccolo aereo che si poteva parcheggiare in garage. Verso la metà degli anni Cinquanta, era quasi scontato che le berline avrebbero avuto le ali. La sequenza di apertura del celebre cartone The Jetsons, che debuttò nel 1962, non mostrava mai il suolo: George accompagnava sua moglie e i suoi figli alle rispettive piattaforme galleggianti nel suo dirigibile a cupola, e poi si dirigeva al suo ufficio alla Spacely Space Sprockets, Inc. Era l’immagine di quell’utopismo positivista dell’America del Dopoguerra.

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Di fatto però, l’auto volante è sempre stata una chimera ingegneristica, e la maggior parte dei progetti si fermavano a dei  compromessi artigianali tra un’automobile scadente e un aereo stupido. Anche se l’esercito continuò a sviluppare prototipi, come l‘AirGeep, un piccolo velivolo che non richiedeva una pista di decollo, il sogno di un’auto volante morì alla fine degli anni Settanta. Storrs Hall elenca diverse ragioni interconnesse alla stagnazione tecnologica, ma il punto chiave è che, come società, abbiamo perso l’ambizione prometeica: le auto volanti sono diventate vittime dell'”onda di ostilità e sospetto verso la tecnologia” che pervase l’Occidente in quegli anni. Per i teorici della stagnazione, le auto volanti sono state un’altra vittima della nostra riluttanza a sopportare i costi del progresso. È come se la società permettesse e accettasse migliaia di morti autostradali ogni anno, ma si spaventasse di una sola morte in incidenti aerei. Per decenni, abbiamo ceduto al panico e non abbiamo compiuto i progressi necessari per creare un veicolo volante che fosse sicuro, facile da usare e conveniente.

Dal 2010, Larry Page, cofondatore di Google, ha investito milioni di dollari in Zee.Aero (ora parte di Wisk Aero) e Kitty Hawk, aziende specializzate nello sviluppo di sistemi aerei elettrici ad uso personale. La sua idea era quella di costruire una macchina volante a guida autonoma che potesse entrare in un parcheggio. Nello stesso periodo Airbus ha impiegato quattro anni nello sviluppo di un prototipo di eVTOL. Storrs Hall ha attribuito il repentino fiorire di macchine volanti alla diffusione della tecnologia dei droni nella vita quotidiana e a un maggiore ottimismo riguardo alla tecnologia:

L’intero Zeitgeist è cambiato un po’, e le persone stanno cominciando a dire: ‘Perché non atterriamo più sulla Luna?’

Al momento, il BlackFly e le auto volanti di Page sono solo un divertimento per i ricchi, ma come in ogni rivoluzione i primi a trarne vantaggio sono sempre coloro che hanno le risorse. Eppure, come accadde per l’aereo, dove dai fratelli Wright si è passati dopo settant’anni al Boeing 707, chi dice che lo stesso percorso non potrebbe accadere anche per le auto volanti? In un’ottica a più ampio raggio, questi veicoli del futuro hanno costi molto inferiori rispetto a qualsiasi altro mezzo di trasporto. Come gli elicotteri, possono atterrare praticamente ovunque, ma a una frazione del costo e con meno rumore. Alcuni droni vengono già utilizzati per trasportare sangue e forniture mediche in alcune parti dell’Africa sub-sahariana, dove le infrastrutture stradali sono minime. Una visione futuristica vede il Pacifico come teatro in cui i veicoli elettrici potrebbero “rifornirsi” con pannelli solari su isole remote. E il decollo e l’atterraggio verticali potrebbero essere utilizzati per il trasferimento di forniture in luoghi remoti senza piste di atterraggio.

Wisk, ora una controllata di Boeing, insieme ai suoi rivali Joby e Archer, ha tracciato la strada: un modello di taxi aereo. Il design di Wisk impiega rotori che operano verticalmente per il sollevamento e poi si inclinano orizzontalmente per la spinta. L’idea del taxi aereo funziona così: prenoti il tuo viaggio attraverso un’app; cammini qualche isolato fino al vertiporto più vicino; metti il tuo bagaglio nel “frunk”, sali a bordo e allacci la cintura di sicurezza; il taxi sale e si unisce a una processione di altri mezzi lungo un corridoio aereo stabilito, probabilmente uno che segue un’autostrada sottostante. È la democratizzazione dell’elicottero. Ciò che differenzia Wisk dai suoi concorrenti è l’assenza di un pilota, perché non conveniente: aggiunge peso, richiede formazione e uno stipendio. A lungo termine, queste aziende immaginano un mondo di pendolari aerei. Secondo un rapporto di Deloitte, i servizi di taxi aereo sarebbero tre o cinque volte più veloci dei trasporti su strada. David King, professore dell’Arizona State, ha osservato, oltretutto, che le rotte dei taxi aerei potrebbero aiutare a ravvivare alcune economie rurali.

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Il prototipo di aereo taxi di Wisk

Dubai sembra pronta a iniziare ad offrire tali servizi e l’ente regolatore cinese ha appena approvato la produzione su larga scala di un eVTOL per uso commerciale. Ma affinché tali piani diventino una realtà di massa, le società regolatrici dovranno essere persuase a rivedere il modo in cui lo spazio aereo è strutturato e amministrato. Avremmo bisogno di sistemi di rilevamento infallibili per prevenire collisioni. Poi bisognerà gestire il numero: il pendolarismo aereo richiederebbe decine di migliaia di taxi aerei operanti su orari regolari e affidabili, con record di sicurezza impeccabili. Quasi tutti nel settore pensano che i veicoli aerei personali arriveranno prima o poi – forse tra vent’anni, forse tra cinquanta. Se arriveranno, sarà attraverso una serie di cambiamenti graduali. Peter Thiel e J. Storrs Hall sembrano trovare quasi insultante il fatto che i jet assomiglino esattamente a come erano negli anni Sessanta. Ma Brian Yutko, ex dirigente di Boeing e ora CEO di Wisk, ha detto: “Questo è completamente fuori luogo. Gli aerei si assomigliano se sei un bambino di quattro anni che tiene in alto due immagini. Sono diventati il settanta per cento più efficienti dal punto di vista del consumo di carburante, hanno un’autonomia molto maggiore, e gli incidenti sono stati ridotti il più possibile. Questo è il progresso tecnologico che ha richiesto l’ingegnosità umana per cinque o sei decenni. Altri settori dovrebbero imparare da questo! Non è stagnazione!

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