Vingegaard

Vingegaard e i sospetti sul Tour

Le critiche sono già iniziate, o meglio, le spade sono già state sguainate per Jonas Vingegaard al Tour de France, ma in realtà non serve molto per suscitare scetticismo nei confronti del vincitore della competizione. Una diffidenza oramai sempre presente, aleggiante in questo sport anche se sono passati 25 anni dallo scandalo Festina e più di un decennio da quando Lance Armstrong ha confessato i suoi peccati di doping a Oprah Winfrey. Come tanti prima di lui, Vingegaard è costretto a ripetere la stessa litania: fidatevi di me, ho lavorato duro, ho sacrificato tanto. Credetemi, non sto assumendo nulla.

Con un vantaggio di 7 minuti e 29 secondi su Tadej Pogacar e un margine di 10 minuti e 56 secondi sul terzo classificato Adam Yates, il danese ha vinto questo Tour con il margine di vittoria più grande dal quando Jan Ullrich vinse con più di nove minuti di scarto nel 1997.

Vingegaard

Non aiuta il fatto che la storia moderna del Tour, da Lance a Landis, da Wiggins a Froome, sia avvolta da un ronzio di scetticismo e sospetto, che aumenta e diminuisce in base alla natura delle prestazioni. Parte dei dubbi su Vingegaard si basano non solo sui suoi risultati, ma anche sulla sua natura taciturna e la sua innegabile danesità. Dopo aver polverizzato Pogacar sulle implacabili pendici del Col de la Loze, sono tornate le domande. “Posso dire, dal profondo del cuore, che non assumo nulla“, ha detto. “Non prendo nulla che non darei a mia figlia e sicuramente non le darei alcuna sostanza proibita“. Il manager del team Jumbo-Visma, Grischa Niermann, ha difeso con forza il suo corridore. “Io non sono Jonas“, ha detto l’ex ciclista tedesco, “ma penso che abbia ribadito centomila volte di non utilizzare alcuna sostanza per migliorare le prestazioni, che non è consentito, e posso garantirlo al 100%.

Lo scetticismo nei confronti di Vingegaard è passato da essere un semplice dubbio a una derisione aperta su alcuni media francesi, soprattutto dopo che ha sconfitto la concorrenza nella tappa a cronometro di martedì da Passy a Combloux. “Come ha fatto?“, titolava Aujourd’hui, mentre L’Équipe gli ha dedicato una pagina per spiegare il funzionamento (e l’efficacia) dei controlli antidoping durante la corsa, una metà per raccontare i segreti del danese, e un’altra metà per descrivere il meccanismo con cui l’Unione Ciclistica Internazionale testa le sue biciclette con i raggi X, con tanto di foto delle radiografie, seguendo l’invito di Jonas Vingegaard: “Dubitate delle mie prestazioni e verificatele, solo lo scetticismo può preservare il ciclismo da eventuali imbrogli“.

Vingegaard
Di un altro Pianeta, la copertina de L’Équipe

La straordinaria performance di Vingegaard nella cronometro di Combloux è stata un qualcosa di mostruoso, accentuato per alcuni dal declino di Pogacar. Un margine di vittoria di 30 secondi forse non sarebbe stato così notevole, ma infliggere una sconfitta di 1:38 in 22,4 km allo sloveno ha messo a dura prova la credibilità della competizione. Non è solo la fiducia nei confronti dei corridori che è così fragile, ma anche la fiducia nel sistema di controlli di questo sport. La frode nel ciclismo è stata a lungo endemica tra chi segue e ama questo sport. Nei primi anni del Tour, i ciclisti facevano passaggi in auto, saltavano sezioni del percorso e alcuni persino prendevano il treno.

Oltre alla minaccia del doping, l’organo di governo del ciclismo, l’UCI, ora controlla regolarmente le biciclette, sottoponendole a raggi X ogni giorno. Femke Van den Driessche è stata sospesa per sei anni dopo che è stato scoperto un motore nella sua bici nel Campionato del Mondo di Ciclocross del 2016. L’ambiguità di Vingegaard e la riluttanza della sua squadra a rendere pubblici i suoi dati sono diventati degli sgradevoli precedenti: le altre squadre hanno adottato la stessa politica del silenzio per timore di divulgare troppe informazioni ai loro rivali. Durante il Tour, Vingegaard è stato sottoposto a una trentina di controlli di sangue e urine, solo nelle 48 ore i medici sono arrivati da lui quattro volte, l’ultima 45 minuti prima della partenza della tappa del Col de La Loze, con prelievo nel bus del team olandese. La sua bici è stata smontata, verificata con tablet magnetici e sottoposta ai raggi X regolarmente. Il risultato: tutto a posto. L’unico elemento sospetto al momento sono le sue prestazioni straordinarie: se Jonas Rasmussen Vingegaard dovesse barare, lo farebbe utilizzando metodi o sostanze di cui ignoriamo totalmente la natura. Come in tutti gli sport, anche nel ciclismo gli atleti hanno subito un notevole sviluppo, la scienza ha fatto enormi progressi e l’attrezzatura si è notevolmente migliorata. Prestazioni e nutrizione sono ora sottoposte a un’analisi dettagliata per le esigenze del Tour. Tutto ciò è solo una cortina fumogena, sostengono gli scettici. E lo fanno guardando alla storia dello sport e allo sviluppo delle nuove pratiche di doping. Alcune persone hanno la memoria corta, dicono. Sfortunatamente per Vingegaard, molti osservatori del Tour non ce l’anno. Tutto ciò è solo una cortina fumogena, sostengono gli scettici. E lo fanno guardando alla storia di questo sport e all’evoluzione delle nuove pratiche di doping. Alcune persone hanno la memoria corta, dicono. Purtroppo per Vingegaard, molti osservatori del Tour non rientrano in questa categoria.

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