Quella che oggi è conosciuta come la più importante competizione ciclistica del mondo è nata dall’intuizione di un giovane francese, tal Jacques Goddet, che nel tentativo di risollevare le sorti economiche del giornale di suo padre, L’Auto-Vélo, per il quale lavorava, decise di organizzare un evento unico per l’epoca: una gara ciclistica a tappe che prevedesse il giro di tutta la Francia. Per anni si è creduto che il quotidiano che avesse dato il via al Tour de France fosse L’Equipe, giornale che fu fondato nel 1946 dagli stessi redattori de L’Autò.
Il ciclismo era uno degli sport più popolari in quel periodo storico e il giovane giornalista conosceva perfettamente quali sarebbero stati i guadagni derivanti dall’organizzazione di un evento di tale portata. L’intuizione di Jacques Goddet ebbe il successo sperato e permise al giornale di ottenere una notevole pubblicità e perciò di risollevare, in breve tempo, le sorti dell’azienda. La primissima gara che diede il via alla più importante gara ciclistica del mondo portava il nome di “Grande Boucle“, trattandosi del primo tentativo di organizzare un evento sportivo così importante non stupisce sapere che la manifestazione del 1903 fu caratterizzata dall’improvvisazione. L’evento prevedeva sei tappe da completare entro tre giorni. Il primo vincitore fu Maurice Garin, uno spazzacamino francese di origini valdostane con una spiccata passione per il ciclismo. Vinse con tre ore di anticipo sul secondo classificato, mentre l’ultimo ciclista (in tutto erano 21 ndr.) arrivò con ben 64 ore di ritardo rispetto al primo classificato.
Dal momento che la carta sulla quale venivano stampate le notizie di L’Auto-Vélo era di colore giallo si pensò di dare la maglia dello stesso colore al corridore di testa. Stesso principio del Giro d’Italia, la cui maglia rosa prende il colore dalla Gazzetta dello Sport. Per un periodo piuttosto lungo era previsto un premio anche per l’ultimo classificato. Il riconoscimento in questione prendeva il nome di Lanterna Rossa. Si trattava di una vera e propria lanterna che veniva attaccata sotto al sellino dell’ultimo classificato. Nonostante possa sembrare un disonore per un ciclista, in realtà il premio divenne uno dei più ambiti perché offriva una notevole visibilità mediatica. Tuttavia, per ragioni agonistiche, a partire dal 1980, con lo scopo di scoraggiare questa ambizione da parte di alcuni ciclisti, gli organizzatori del Tour de France hanno pensato di eliminare dalla gara l’ultimo classificato e di conseguenza il premio.
Nel 1912 gareggiò la prima bicicletta con le marce, ma gli organizzatori dell’epoca vietarono immediatamente questa possibilità, salvo poi cambiare idea nel 1937 quando venne autorizzato l’uso del cambio posteriore per regolare la velocità.
Nel frattempo, durante i 25 anni in cui non fu possibile applicare un cambio alle biciclette, il divieto imposto dagli organizzatori del Tour scatenò l’inventiva di molti ciclisti che, con lo scopo di avere un mezzo a due velocità, montavano sulla ruota posteriore due corone (una per ogni lato) che giravano in base alle loro esigenze. Il regolamento che oggi permette al Tour de France di essere una gara sportiva tra professionisti, ai suoi albori disponeva di un poche e semplici regole che permisero, nel 1905, ad uno sconosciuto di disseminare lungo il percorso dei chiodi che provocarono la foratura di numerose ruote, impedendo a molti partecipanti di terminare la competizione. In quell’occasione, uno dei ciclisti, Lucien Petit Breton, dovette prendere un treno che gli permise di tornare nella capitale francese e riprendere la gara. Anche se la competizione si tiene principalmente sul territorio francese, sin dalle sue origini è previsto che il Tour de France possa cominciare in una città di un’altra Nazione, ne è un esempio la gara del 2007 quando il giro partì da Londra. Anche nel 1906 si verificò una circostanza simile, ma in quel caso la partenza fu organizzata in Germania dove i poliziotti furono informati di non effettuare controlli di velocità sui ciclisti in gara.
Un’altra regola, che nel corso degli anni è stata rivista e modificata, riguarda l’utilizzo di una sola bicicletta per l’intera gara consentendo al ciclista, in caso di guasto, di riparare il mezzo per riprendere la corsa. Nel 1913 la forcella anteriore di Eugene Christophe si ruppe costringendo il ciclista a trascinare a piedi la bicicletta per ben 14 km, fin quando non raggiunse un fabbro che riparò il mezzo permettendo all’uomo di riprendere parte alla competizione. Nel luogo in cui è avvenuta la storica riparazione, oggi sorge un monumento commemorativo.