Uno degli aspetti più affascinanti ed intriganti del baseball è costituito dalle divise indossate da giocatori ed allenatori. Sì, cari neofiti della palla-a-base, avete letto bene: i vari allenatori, dal “manager” fino ai “bench coach” che popolano il dugout di una qualsiasi squadra di baseball, indossano una divisa identica a quella dei giocatori con tanto di numero sulla schiena. La complessità e le peculiarità delle divise fanno sì che le proposte legate al merchandising delle varie franchigie non manchino: casacche, giacconi, felpe e t-shirt vengono proposte in tutte le fogge e taglie, in formati “classici” ed anche reinventati per festività civili e/o religiose quali il Giorno dell’Indipendenza e la Festa di San Patrizio.
Ma ciò che affascina in modo deciso il pubblico degli appassionati (e non solo), tanto da essere l’elemento distintivo da sempre più ricercato e venduto, sono i cappellini. Al pari del cricket, infatti, il baseball è uno sport di squadra giocato obbligatoriamente a capo coperto e la regola non ammette eccezioni; le varie franchigie l’hanno reso nel tempo personalizzato ed unico, facendo in modo che il cappellino divenisse una sacra, imprescindibile bandiera.
Nella cultura americana il cappellino da baseball è un capo d’abbigliamento popolarissimo. È usato praticamente da chiunque: uomini o donne (quante volte la MLB ha proposto la versione “pink” dei suoi vari cappellini) di tutte le età e in svariati contesti. Se si tratta di un cappellino di una qualche squadra, va da sé, la prima cosa che si vuole fare sapere al prossimo (tranne forse qualche notabile eccezione che andremo più in là ad evidenziare) è la propria “fede sportiva”, ma portare un determinato cappellino da baseball, può voler dire molto di più.
Tralasciando gli intriganti aspetti socioculturali legati a questi copricapi così casual si cercherà invece, di focalizzare l’attenzione di voi lettrici e lettori sulla mera estetica di alcuni tra i cappellini più famosi, stravaganti ed imperdibili, limitandoci comunque al gioco del baseball professionale made-in-USA. Vi forniremo così un breve decalogo tematico, ovvero una sorta di “guida all’acquisto” che, chissà, potrà portarvi ad iniziare una collezione unica e colorata, partendo da alcuni classici senza tempo, caratterizzati da monogrammi stilosi e riconoscibili, fino ad arrivare alle estreme bizzarrie delle squadre delle Leghe Minori, vero e proprio laboratorio avanguardistico d’immagine sportiva.
Il più iconico
La “N” e la “Y” bianche incrociate sul blu navy, quale altro cappellino è più ricercato e diffuso di quello dei Bronx Bombers? Inconfondibile ed elegante è forse anche il copricapo che più di ogni d’altro viene indossato da non-tifosi o appassionati di baseball. Un classico senza tempo, simbolo di un’intera città. Un logo semplice e pulito, ben bilanciato e sempre attuale.
Il più coraggioso
I San Diego Padres hanno deciso durante la off-season 2019 di tornare al “color scheme” che li aveva caratterizzati durante gli psichedelici anni Settanta e condotti egregiamente fino ai primi anni Ottanta. Il marrone e l’oro richiamano direttamente il nickname, i Frati, e rappresentano una scelta coraggiosa ed unica nel panorama del baseball americano, dominato com’è dalla classica paletta”+ patriottica rosso-bianco-blu. Un notevole passo in avanti rispetto alla blanda versione che la franchigia della California meridionale aveva proposto in tempi recenti.
Il più storico
Il cappellino sfoggiato dai Chicago White Sox all’inizio del secolo scorso è stato reso celebre soprattutto dal film Otto Uomini Fuori, bella pellicola del 1988 diretta da John Syles, incentrata sul giro di scommesse che macchiarono la franchigia dell’Illinois nel corso delle World Series del 1919. Il largo gessato nero su sfondo bianco-crema e, soprattutto, il logo “Sox” con la “s” sovradimensionata ad abbracciare la “o” e la “x” lo rendono il più bel cappellino dei tempi pionieristici della MLB. Se la gioca con il tenerissimo cucciolo d’orso dei Chicago Cubs del 1914, ma i “calzini bianchi” si meritano questo primato in questo fashion derby della “Windy City”.
Il più cinematografico
Il rapporto tra Hollywood ed il baseball ha prodotto pellicole intense e piccoli capolavori; uno di questi è senz’altro Bull Durham, il film di Ron Shelton recitato da Kevin Kostner, Susan Sarandon e Tim Robbins. I protagonisti di questa pellicola del 1988 ruotano attorno ai Durham Bulls, squadra della North Carolina appartenente alla Minor League Baseball (MiLB) e all’epoca affiliata agli Atlanta Braves. Il toro nero sbuffante, la “D” color arancio bruciato e l’intenso blu cielo vi faranno sembrare ancor più fichi di Crash Davis, l’enigmatico e affascinante protagonista del film.
Il più “simpsoniano”
Se amate il baseball quanto adorate i Simpson questo è il cappellino che fa per voi. La città di Albuquerque, scelta per ospitare una nuova squadra di Minor League, chiese agli abitanti di decidere tramite referendum il nickname che sarebbe stato associato al club di palla-a-base. La scelta cadde su Isotopes, ovvero il soprannome della squadra (di finzione) con sede a Springfield che in una mitica puntata de The Simpsons rischiò di finire proprio ad Albuquerque. Nella città del New Mexico non ci sono centrali nucleari, ma l’abbinamento resta uno dei più stravaganti ed azzeccati della storia dell’intero sport.
Il più succulento
Quando gli Ottawa Lynx abbandonarono il Canada per trasferirsi ad Allentown, Pennsylvania, la nuova proprietà decise per un cambio radicale: il toponimo Lehigh Valley, zona storica di lavorazione del ferro e riferito a quell’area metropolitana che sta a cavallo della Pennsylvania orientale e di un lembo del New Jersey, venne associato al notevole nickname Iron Pigs (maiali di ferro), derivato da un ribaltamento del termine metallurgico “pig iron” (“ghisa”). Il logo ed i cappellini fecero subito scalpore, specie nella loro versione “da macelleria”; al prossimo barbecue non potrete non sfoggiare il cappellino “baconizzato” degli Iron Pigs. E pensate che nelle prime versioni in tiratura limitata, il logo, una volta grattato, emetteva un piacevole sentore di pancetta affumicata; è proprio vero che “everything is better with bacon!” anche se la Diet Coke alla pancetta è solo una (deliziosa) leggenda metropolitana.
Il più minaccioso
La MiLB, come abbiamo appena visto, è un fertile terreno per creativi folli e coraggiosi. A Kannapolis, fino al termine della stagione 2019, avremmo trovato gli Intimidators, squadra in parte di proprietà del pilota di NASCAR, Dale Earnhardt Jr, detto, appunto, “the Indimidator”. Il loro cappellino diceva tutto: una “k” antropomorfa a fauci spalancate brandiva minacciosa una palla da baseball. Da inizio 2020 il nickname è purtroppo cambiato; salutiamo i Kannapolis Cannoballers ed il loro nuovo logo rappresentato da un simpatico “uomo cannone” di circense memoria.
Il più cool
I Rocky Mountains Vibes sono una squadra di Colorado Springs iscritta alla Pioneer League ed affiliata ai Milwaukee Brewers. Il loro cappellino è adornato da uno dei più incredibili personaggi che mai vedrete associato ad una squadra sportiva: un marshmallow antropomorfo intento a mostrare al mondo quanto sia “fico” e rilassato; gli occhiali da sole, il gesto della vittoria, la pettinatura fiammeggiante fanno il resto. In fin dei conti l’idea di base è quella di comunicare quante vibrazioni positive può regalare una vacanza all’aperto sulle alture del Colorado.
Il più assurdo
Gli Staten Island Yankees sono una squadra della New York-Penn League (una lega appartenente alla MiLB che funge da primo assaggio professionale per i giovani appena scelti al draft e che segue un breve ma fitto calendario tra giugno e settembre) con sede nel distretto meno affascinante e noto di New York City. Nell’agosto del 2016 i “Baby Bombers”, affiliati ai ben più prestigiosi New York Yankees, organizzarono la Cannoli Appreciation Night; magicamente, il loro cappellino si trasformò come da foto; un cannolo siciliano antropomorfo, sorridente e con una bella mazza da baseball in mano ci indica dove egli, novello Babe Ruth, batterà il prossimo fuoricampo. Il tutto con la classica tuba da Uncle Sam rivisitata coi colori della bandiera italiana. Peccato che un tale copricapo sia ormai un raro oggetto da collezione: introvabile e ridicolmente delizioso.
Il più folle
Il cappellino più pazzesco tra tutti merita una doverosa premessa: la MiLB ha di recente organizzato una serie di eventi promozionali (prendete nota, dirigenti sportivi italiani) sotto il nome di Copa de la Diversion, una celebrazione della cultura ispanica che ha coinvolto, nel corso della stagione 2019, ben 72 squadre. Le squadre hanno cambiato per qualche partita colori, divise, nickname e finanche, toponimi per onorare il loro legame con la cultura ed i personaggi ispanici locali. Un qualche esempio? I Charlotte Stone Crabs si sono trasformati in Frijoles Salterinos de Puerto Carlota (rileggete tutto quanto e provate a rimanere seri) ed i normalmente imperturbabili Reading Fighting Phils sono diventati i Luchadores, con tanto di cappellino dedicato alla lotta libera messicana. Ma la palma della migliore trasformazione, che ha sua volta generato il più assurdo cappellino da baseball della storia, va ai Flying Chanclas de San Antonio. La squadra texana (il loro nickname solito è San Antonio Missions), vedere per credere, si è trasformata nelle “Infradito Volanti”; il soprannome è stato scelto per onorare una delle figure fondamentali della tipica famiglia latina e, cioè, la “Abuelita” (la nonna), in grado di riportare ordine e disciplina con un solo colpo ben assestato di ciabatta. Fatto sta che un cappellino come questo non può passare davvero inosservato.
Arrivati al termine di questo breve viaggio nel mondo dei cappellini da baseball, al di là delle considerazioni estetiche e “di colore”, il dato che emerge con chiarezza è quanto sia ancora lunga ed ardua la via che lo sport professionistico europeo (e soprattutto italiano) deve percorrere per una proficua e efficace gestione del marketing e dell’immagine. Alcune bizzarre follie possono sembrare le classiche “americanate”; certo, l’aspetto ludico non è secondario, ma la serietà di come viene condotta una campagna di marketing a quelle latitudini non può essere sottaciuta.
Negli Stati Uniti ogni occasione è buona per fare business: basta avere l’idea giusta in testa.