In un palazzetto sportivo di Leopoli, un gruppo di atleti si prepara per una sessione di allenamento che richiede non solo forza fisica, ma anche una dose straordinaria di resilienza mentale. Sono la squadra maschile ucraina di sitting-volley, un team che non rappresenta solo l’eccellenza sportiva, ma anche un simbolo di resistenza e speranza in un Paese devastato dalla guerra.
Mentre il sole mattutino filtra attraverso le finestre, illuminando il pavimento in legno lucido, gli atleti si allineano per iniziare la loro routine. Nonostante le mutilazioni che hanno subito, i volti sono concentrati e determinati. Le loro disabilità sono state causate da mine anticarro, proiettili, e altri incidenti legati al conflitto che, da anni, attanaglia l’Ucraina. Ma qui, sul campo, non sono vittime: sono combattenti.
“Lo sponsor principale del mio allenamento è la Federazione Russa“ – ha affermato il giocatore Vadym Melnyk, alzando un pesante bilanciere modificato per adattarsi alla sua nuova realtà fisica – “Uso le loro mine anticarro per il sollevamento pesi“. L’ironia amara delle sue parole sottolinea una verità devastante: la guerra non ha solo distrutto vite, ma ha anche trasformato corpi. Eppure, attraverso il sitting-volley, questi atleti riescono a recuperare un senso di controllo e dignità.
Il sitting-volley, una disciplina paralimpica, è uno sport adattato per atleti con disabilità agli arti inferiori. Giocato su un campo più piccolo e con una rete più bassa rispetto alla pallavolo tradizionale, questo sport richiede riflessi rapidi e una forza incredibile delle braccia e del busto. In Ucraina, tuttavia, ha assunto un significato più profondo: è diventato un modo per resistere all’oppressione e per riaffermare la propria identità nazionale.
Le Paralimpiadi furono inaugurate nel 1948 da Ludwig Guttman, un medico fuggito dalla Germania nazista, come evento sportivo dedicato ai veterani di guerra disabili. "Oggi la storia si ripete" - ha dichiarato Valeriy Sushkevych, capo del Comitato Paralimpico Ucraino ed ex parlamentare. Sotto la guida di Sushkevych, l'Ucraina è diventata un contendente di rilievo nelle Paralimpiadi, accumulando oltre 600 medaglie da quando ha iniziato a competere come nazione indipendente nel 1996.
Per noi, il sitting-volley è più di uno sport. È una forma di terapia, una via per ricostruire noi stessi non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Ogni allenamento è una vittoria contro la disperazione.
Volodymyr Yatsenko, ex soldato e coach della squadra paralimpica
Il reportage della giornalista Wendell Steavenson, vincitrice dell’Orwell Prize for Journalism 2024, porta alla luce storie di atleti come Oleksandr, un ex sergente che ha perso entrambe le gambe in un’esplosione. Dopo mesi di riabilitazione, ha trovato nel sitting-volley un motivo per andare avanti. “Non ho mai pensato di mollare” – ha detto Oleksandr – “Ogni partita è una battaglia, e io non smetterò mai di combattere.“
Ma non sono solo le ferite fisiche a essere in gioco. La guerra ha lasciato cicatrici profonde anche nell’anima di questi uomini. Molti di loro soffrono di disturbo post-traumatico da stress (PTSD), e l’allenamento diventa una forma di catarsi, un modo per esorcizzare i demoni interiori. “Qui possiamo gridare, sfogarci” – ha spiegato un altro giocatore, Andriy – “Quando siamo in campo, tutto il resto scompare: la paura, il dolore, la guerra“.
La storia del sitting-volley in Ucraina è una testimonianza della capacità umana di trovare forza e speranza anche nelle circostanze più avverse. Mentre la guerra continua a infuriare, questi atleti offrono un esempio di come lo sport possa fungere da àncora di salvezza, un faro di luce in un mare di oscurità.
Ogni volta che scendiamo in campo, dimostriamo che siamo ancora qui. Non ci piegheremo, non ci arrenderemo. Questo è il nostro messaggio al mondo.
Yatsenko, membro del team paralimpico
Il sitting-volley non è solo un gioco per questi uomini; è un atto di resistenza, un modo per riaffermare la loro umanità in un mondo che ha cercato di portargliela via. Mentre le bombe continuano a cadere, l’eco dei loro colpi risuona non solo sul campo, ma anche nei cuori di coloro che cercano la forza per andare avanti.