La riscoperta recente dell’opera Anna di Resburgo da parte del musicologo Will Crutchfield ha permesso di riportare alla luce un’opera di grande valore artistico e storico. Crutchfield, dopo aver studiato a fondo la partitura originale, ha deciso di mettere in scena l’opera, affrontando notevoli difficoltà tecniche. La partitura, scritta a mano quasi due secoli fa, era estremamente difficile da leggere, e non esisteva altro materiale da cui prendere spunto per la ricostruzione delle arie e delle ambientazioni. Nonostante queste sfide, Crutchfield è riuscito a riportare in vita un’opera che rappresenta un importante capitolo della storia della musica italiana e un tributo alla tenacia e al talento di Carolina Uccelli.
La compositrice non fu solo una figura pionieristica nel panorama musicale dell’Ottocento, ma anche un simbolo della lotta contro le convenzioni sociali del tempo. In un’Italia ancora lontana dall’unità nazionale, la sua carriera rappresenta un raro esempio di come una donna potesse affermarsi in un ambito dominato dagli uomini, superando le barriere imposte dal patriarcato e dalle norme culturali dell’epoca.
All’inizio dell’Ottocento, l’Italia era divisa in una miriade di Stati e staterelli, ognuno con le proprie leggi e tradizioni. Tuttavia, l’opera lirica era un elemento unificante, capace di attraversare confini geografici e sociali. Come ha osservato lo storico della musica, Angelo Rusconi, l’opera aveva perso la sua connotazione di passatempo esclusivo per l’aristocrazia ed era diventata un fenomeno culturale di massa, accessibile a una vasta gamma di persone. I teatri lirici italiani seguivano una programmazione simile in tutti gli Stati preunitari, e alcuni impresari riuscivano persino a dirigere teatri in territori diversi. In questo contesto, affermarsi come compositrice significava raggiungere una notorietà straordinaria, che trascendeva i confini delle classi sociali e dei territori.
Carolina Uccelli nacque a Firenze nel 1807, in un’epoca in cui il Risorgimento italiano stava prendendo forma, ma ancora lontano dall’unità nazionale. Il Granducato di Toscana, sotto il governo dei Lorena, era relativamente più aperto e cosmopolita rispetto ad altri Stati italiani, permettendo un certo fermento culturale, sebbene le donne fossero ancora escluse dalle professioni artistiche ufficiali. Nonostante questo, la Uccelli si distinse per la sua passione e abilità musicale, dedicandosi alla composizione in un periodo in cui le donne erano principalmente considerate muse o esecutrici, piuttosto che creatrici.
Le difficoltà che dovette affrontare non furono poche. La formazione musicale, ad esempio, era spesso negata alle donne, e quelle poche che riuscivano a ottenere un’educazione in questo campo erano generalmente limitate all’esecuzione di musica da salotto. La Uccelli, però, riuscì a superare queste barriere grazie al sostegno della sua famiglia, che riconobbe il suo talento e le permise di studiare con alcuni dei migliori maestri dell’epoca. Questa educazione, rara per una donna del suo tempo, le consentì di sviluppare una propria voce artistica e di comporre opere di una complessità e originalità che non avevano nulla da invidiare ai suoi contemporanei maschili.
Uno degli episodi più significativi della sua carriera riguarda la prima del Saul al Teatro della Pergola di Firenze, il 21 giugno 1830, opera purtroppo perduta. La giovane compositrice, che all’epoca aveva solo 19 anni, ricevette una lettera di congratulazioni da uno dei più grandi compositori del tempo, Gioachino Rossini, il quale espresse il suo apprezzamento per la qualità dell’opera, elogiando la “sua espressività ed eleganza nella declamazione e nella melodia“. Tuttavia, questo riconoscimento suscitò sospetti nella critica dell’epoca. Alcuni iniziarono a speculare su una presunta relazione extraconiugale tra Rossini e Uccelli, insinuando che il successo di quest’ultima fosse dovuto più alla protezione del noto compositore che alle sue capacità. La rivista londinese Harmonicon scrisse con tono malizioso:
I fiorentini si sono divertiti, sia in versi che in prosa, con la composizione di questa signora e con l’alta e potente protezione che Rossini, come è noto, le ha offerto.
Queste insinuazioni, mai confermate, dimostrano quanto fosse difficile per una donna ottenere riconoscimenti senza essere oggetto di maldicenze e speculazioni.
Nonostante queste difficoltà, la compositrice continuò a lavorare con passione e determinazione. La sua opera Anna di Resburgo, ad esempio, rappresentò un tentativo ambizioso di affermarsi come compositrice innovativa in un contesto culturale estremamente competitivo. L’opera, con il libretto di Luigi Rossi, fu rivisitata dalla stessa Uccelli, che semplificò alcune parti per renderla più accessibile al pubblico. Purtroppo, però, fu un fiasco e il motivo è tristemente chiaro: la trama, ambientata tra famiglie in guerra nelle Lowlands scozzesi, assomigliava troppo a quella di Lucia di Lammermoor di Donizetti, che aveva avuto una sensazionale prima a Napoli un mese prima dell’apertura della Anna. Dopo la prima del 1835, l’opera fu eseguita solo in poche altre occasioni, e i sogni operistici della Uccelli finirono, sebbene lei continuò a comporre.
Il Teatro Nuovo di New York, diretto da Crutchfield, ha recentemente messo in scena l’opera, raccogliendo consensi sia dalla critica che dal pubblico. La riscoperta del lavora della Uccelli ha suscitato un acceso dibattito sulla visibilità delle compositrici nella storia della musica e sulla necessità di riesaminare il canone musicale per includere figure finora trascurate. Crutchfield non ritiene l’opera un capolavoro “ma ha tratti emozionanti che mi fanno facilmente credere che la sua quarta o quinta opera potrebbe essere stata tale“. Capolavoro o no, Anna di Resburgo regge il confronto con molte opere belcantiste molto apprezzate della sua epoca.
La riscoperta di Carolina Uccelli e della sua opera non è solo un atto di giustizia storica, ma anche un promemoria del contributo spesso invisibile delle donne nella storia della musica e della cultura. Il suo lavoro, oggi, può finalmente essere apprezzato nel contesto più ampio della tradizione musicale italiana e internazionale, offrendo nuove prospettive su un periodo storico ricco di contraddizioni e di fermenti culturali.