Le torture subite dalla marchesa di Brinvilliers
Le torture subite dalla marchesa di Brinvilliers

Parigi, 1679: l’Affaire des poisons

16 luglio 1676, Place de Grève. Davanti ad una folla ammutolita, le urla della marchesa di Brinvilliers riecheggiano mentre il fuoco la sta consumando. Marie-Madeleine-Marguerite d’Aubray, marchesa di Brinvilliers, è stata trovata colpevole di aver ucciso il padre e i fratelli con ripetute dosi di arsenico, insieme all’amante ed esperto speziale, il capitano Gaudin de Sainte-Croix. Sono tempi bui per l’Europa e soprattutto per il regno di Luigi XIV, in quegli anni all’apogeo della sua gloria. La psicosi da avvelenamento si è incistata nell’aristocrazia europea in un susseguirsi di morti controverse: Enrichetta d’Inghilterra, cognata del re Sole, nel 1670; il ministro Hugues de Lionne nel 1671; Eugène Maurice de Savoie, conte di Soissons, nel 1673; e Carlo Emanuele II, duca di Savoia, nel 1675.

Il processo della marchesa di Brinvilliers ha scoperchiato un mondo di sotterfugi, trame oscure e strani rituali; l’avvelenamento tramite arsenico diventa oggetto di pettegolezzo. La corte di Luigi XIV è in allarme; c’è del marcio in Francia.

Le torture subite dalla marchesa di Brinvilliers
Le torture subite dalla marchesa di Brinvilliers

Le indagini portano tutte verso Magdelaine de La Grange, chiromante e truffatrice. Si è messa in combutta con un prete per rubare l’eredità di un ricco avvocato parigino. Insieme al prete si inventa un falso certificato di matrimonio, prima che l’anziano avvocato muoia avvelenato. L’inchiesta certifica che il documento è un falso e La Grange viene arrestata. Torturata e incattivita dalla prigione, Magdelaine svuota il sacco. Tira in ballo diverse figure dell’alta società che vive all’ombra del re a Versailles. Dalla sua cella buia, umida e infestata dai ratti chiede di venir ascoltata dal marchese di Louvois, Segretario di Stato alla Guerra. Viene accontentata. Il marchese impallidisce alle parole della donna. La sua carrozza vola a Versailles per un’udienza della massima urgenza con Sua Maestà: Magdelaine de La Grange ha rivelato un complotto per uccidere il re e il suo primogenito, il Gran Delfino. Luigi XIV incarica il tenente generale della polizia, Gabriel Nicolas de La Reynie, di seguire il caso senza eccessiva pubblicità, per evitare quanto accaduto goffamente con la marchesa di Brinvilliers. Ma le indagini procedono confuse e come un’unica fonte si ha solo la maliarda La Grange. La Reynie si affida all’uomo più esperto in questo tipo di crimini, colui che aveva già incastrato in un monastero la marchesa di Brinvilliers, l’ispettore François Desgrez. Ed è proprio lui che, grazie ad una soffiata di un suo amico, dà una svolta all’indagine.

È il dicembre del 1678. L’avvocato Perrin, amico dell’ispettore, è ad una festa a casa di Marie Vigoreaux, balia dell’alta aristocrazia e chiromante. In quella ridda di urla prosaiche e sguaiate, dove il vino sgorga sulle labbra umettate dei volti truccati degli ospiti, tra parrucche e nei finti, una delle ospiti, la vedova Bosse blatera di essere una potente maga che rifornisce l’alta nobiltà di veleni letali. Perrin riferisce tutto a Desgrez. La mattina del 4 gennaio 1679 le guardie fanno irruzione nella casa della Bosse, trovandola in una laida orgia con i suoi tre figli. Tutti vengono arrestati. In prigione c’è anche la Vigoreaux, complice della vedova. Gli inquirenti ci vanno giù pesante; vengono torturate e picchiate. Marie Vigoreaux non resiste alle botte e muore. Le confessioni raccontano uno scenario da incubo: riti satanici, cospirazioni, infanticidi. Viene svelata una rete di fattucchiere che spacciano veleni, molto vicina all’aristocrazia francese. Una corte dei miracoli che vive all’ombra dei bastioni, formata da streghe, stregoni, chiromanti, cartomanti, veggenti, alchimisti, truffatori e satanisti. Al centro di questa rete, i torturati fanno un nome: Catherine Deshayes, più nota come La Voisin. È lei al centro dell’affaire des poisons, l’affare dei veleni.

La Voisin è una donna intraprendente. Dopo il tracollo finanziario del marito, un gioielliere parigino, si è riciclata esperta di chiromanzia, cartomanzia, divinazione, astrologia e chirognomia. Ben presto si circonda di una clientela importante e facoltosa: uomini e donne desiderosi di conoscere il proprio futuro. Alle arti divinatorie La Voisin aggiunge la vendita di amuleti e la preparazione di pozioni magiche e taumaturgiche, intrugli, elisir d’amore e veleni. Si ispira a Giulia Tofana, nota avvelenatrice di professione, vissuta pochi decenni primai. Ben presto, si acuiscono i problemi con le autorità religiose. Nel 1665, il suo operato di chiromante viene messo in discussione dai sacerdoti dell’ordine di San Vincenzo de’ Paoli. Organizza messe nere in cui i poteri del diavolo vengono invocati attraverso rituali  celebrati di notte, di nascosto, in grotte o rovine isolate, da sacerdoti apostati. Nulla di nuovo per la Parigi dell’Ancien Régime, in cui, nella cosmogonia manichea della gente comune, il mondo è rappresentato come la posta in gioco di una battaglia tra Lucifero e le sue creature infernali contro Dio e i suoi angeli fedeli. E La Voisin aveva fiutato l’affare e scelto il primo. Il 12 marzo 1679, Catherine viene arrestata nei pressi di Notre-Dame de Bonne-Nouvelle. Insieme a lei, vengono imprigionati e torturati tutti i suoi complici, amanti e alcuni clienti: sua figlia Marguerite Monvoisin; il mago Adam Lesage, che voleva indurla, senza successo, a uccidere il marito; il boia André Guillaume; il conte de Labatie; l’alchimista Blessis; l’architetto Fauchet; l’abate satanista Mariotte; il prete scomunicato Étienne Guibourg; la vedova Trianon; la Doddée, assistente e amante della prima; Françoise Filastre, socia de la Voisin; e ancora, la nobildonna Marguerite de Poulaillon, che ha tentato di uccidere il marito con una delle pozioni della Voisin; Madame Philbert, moglie del musicista di corte Philippe Rebillé dit Philbert; Marguerite Leferon, moglie del defunto giudice Leferon, ucciso con un intruglio della Voisin; e Françoise de Dreux, moglie di un pari di Francia e spasimante del duca di Richelieu. Tutti vengono portati al castello di Vincennes o alla Bastiglia.

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Catherine Deshayes, nota come La Voisin | Credits: Gérard Blot / RMN-GP

La Reynie è incaricato dal re di creare una speciale commissione, la Camera ardente, così chiamata perché si riunisce in una stanza senza finestre illuminata solo da torce. Atmosfera ideale per questo tribunale dell’inquisizione; l’obiettivo è sradicare una volta per tutte questa rete di adoratori del diavolo e sordidi assassini. 

Tra catene e strazi i detenuti durante gli interrogatori, vengono fatti nomi del gotha dell’alta società. Risaltano i nomi di alcune mazarinettes, Olympe Mancini, contessa di Soissons, e Maria Anna Mancini,  duchessa di Bouillon, nipoti del cardinale Mazzarino; la principessa di Tingry; le duchesse di Angoulême, di Vitry, di Vivonne; i duchi di Vendôme e Brissac; la marchesa d’Alluye; i marchesi di Cessac, Feuquières e Termes; la contessa di Roure; la viscontessa di Polignac. In questa escalation viene arrestato persino il duca di Luxembourg, Maresciallo di Francia, sospettato di aver stretto un patto con il diavolo. Gli accusati, pur di salvarsi dalla condanna a morte, fanno i nomi di altri membri dell’aristocrazia che non centrano nulla con l’affare dei veleni. È il caso del poeta Jean Racine, sospettato di aver ucciso la sua amante, l’attrice Mademoiselle Du Parc.

Gli interrogatori scavano sempre più a fondo e all’orrore si aggiunge orrore. La Voisin è accusata insieme ai suoi sodali reprobi di aver praticato un numero spropositato di aborti clandestini; La Voisin afferma di aver bruciato nel suo forno e sepolto nel giardino i resti di 2.500 piccoli corpi mai nati. Organizzava messe nere cerimoniate dal satanista Guibourg, dove tra formule cabalistiche sgozzavano i bambini delle prostitute comprati per due soldi. Un sacrificio umano per chiedere favori a Satana e irretire i loro clienti creduloni.

Le fruste colpiscono, il sangue sgorga, le urla rimbombano nelle carceri e nuovi nomi spuntano fuori. Uno su tutti gela il sangue dei giudici della Camera ardente. Un nome che non sarebbe dovuto mai uscire. Anche il re, venuto a conoscenza, ha un sobbalzo seguito da un senso di amarezza e depressione. Si tratta di Françoise “Athénaïs” de Rochechouart de Mortemart, marchesa di Montespan, la favorita di Luigi XIV. È accusata di aver frequentato indovini per anni, al fine di ottenere polveri afrodisiache destinate al re; di aver sponsorizzato almeno tre messe nere nel 1667, 1675 e 1676, durante le quali furono sacrificati neonati; infine, in uno scatto di ripicca amorosa, per aver voluto avvelenare il re e la sua nuova amante, la giovane e bella Marie Angélique de Fontanges. 

Luigi XIV, inorridito dalle rivelazioni e di fronte agli attacchi lanciati contro Madame de Montespan, decide di occultare il tutto, o meglio, la parte che riguarda la sua amante. Il 22 febbraio 1680 in  Place de Grève La Voisin viene avvolta dalle fiamme del rogo. E con lei, tutti i suoi complici. Quelli che non vengono condannati a morte, vengono rinchiusi nelle cittadelle di BelleÎle-en-Mer, Besançon, Salins, Salses e Villefranche-de-Conflent. Moriranno diversi anni dopo, in condizioni orribili, incatenati al muro della loro prigione. Il ministro Louvois, che è responsabile di queste cittadelle, ha dato ai carcerieri istruzioni rigorose per “impedire che qualcuno sentisse le sciocchezze che avrebbero gridato ad alta voce, essendo capitato spesso di dire cose che riguardano Madame de Montespan e che sono prive di fondamento“. 

Nei suoi appunti La Reynie scrive:

L’enormità dei loro crimini ha salvato loro la vita.

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