Il cielo sopra Chisinau si è rivestito di nuvole cupe. La guerra in Ucraina è a pochi chilometri dalla città, e i rumori e i suoi imprevisti e tragici sviluppi sono un’eco che si fa sempre più vicino. La Moldavia attraversa un momento storico molto particolare. La sua presidentessa Maia Sandu, in carica dal 2020 grazie a una coalizione di centro-destra, è un’europeista convinta e sta cercando di convincere la UE a far entrare il proprio Paese il prima possibile nell’Unione. Una strada impervia ma che, secondo la visione dei pro ingresso, è l’unico modo per tutelarsi da un’eventuale invasione della Russia. Idea che non è purtroppo campata per aria, e che ha le sue motivazioni ben calate nella realtà di una nazione che ha una zona del proprio territorio che non ne vuole sapere di rimanere moldava. La Transnistria o più correttamente Pridnestrovia è la parte più orientale, ed è zona filo-russa fin dal 1991/1992, quando la Moldavia si staccò dall’ormai morente URSS e proclamò la sua indipendenza. In quella porzione di territorio le truppe sovietiche non cedettero il passo e con il sostegno della popolazione locale dichiararono a loro volta l’indipendenza.
Ad oggi nessuno stato riconosce la Transnistria come nazione autonoma, e la guerra civile vive di un cessate il fuoco che rischia di interrompersi da un momento all’altro. In questa situazione così infuocata, la capitale moldava è stata il palcoscenico della partita valida per l’andata degli spareggi di Conference League tra Sheriff Tiraspol e Partizan Belgrado. Un momento di svago per la popolazione per distrarsi da una guerra che è là, oltre confine e che invece sarebbe al centro di un’intricata storia di spionaggio che sembra uscita dalla penna di Ian Fleming. Pochi giorni fa la presidentessa della Moldavia ha annunciato di essere stata informata che sarebbe imminente un colpo di Stato per rovesciare lei e il suo governo e fin qui, purtroppo, non ci sarebbe niente di nuovo. Tutto si infittisce quando annuncia che la partita si sarebbe giocata a porte chiuse per impedire ai tifosi del Partizan di partecipare in massa al golpe. I Grobari – il gruppo ultrà guida della tifoseria bianconera – sarebbero infiltrati da mercenari e militari serbi che armi in pugno avrebbero dovuto intervenire al fianco dei militari russi. Così, con buona pace dei tifosi già arrivati dal Belgrado e alloggiati negli alberghi di Chisinau, la partita non avrà nessun spettatore. In quello che sembra realmente il nuovo film di James Bond, il pezzo mancante da aggiungere al puzzle riguarda lo Sheriff Tiraspol, la squadra “moldava” che giocherà nello stadio Zimbru di Chisinau.
Pochi giorni fa la presidentessa della Moldavia ha annunciato di essere stata informata che sarebbe imminente un colpo di Stato per rovesciare lei e il suo governo e fin qui, purtroppo, non ci sarebbe niente di nuovo. Tutto si infittisce quando annuncia che la partita si sarebbe giocata a porte chiuse per impedire ai tifosi del Partizan di partecipare in massa al golpe.
Tiraspol è la capitale della Transnistria e lo Sheriff è la squadra della più potente compagnia petrolifera presente sul territorio. La squadra giallonera, allenata dall’italiano Roberto Bordin, è l’emanazione sportiva di un centro di potere che governa questa zona franca da circa 30 anni. Il calcio a quelle latitudini è solo Sheriff che ha vinto 20 campionati moldavi dal 1997 a oggi, anno della sua fondazione. La squadra non è ovviamente amata, per un usare un eufemismo, dall’establishment che governa la repubblica ex-sovietica, tanto che in varie interviste i ministri in carica hanno più volte parlato dello Sheriff con grande fastidio. Anche perché gli Zholto-chornyye, riescono spesso a qualificarsi per le competizioni continentali, come nel 2021/22 quando hanno partecipato alla Champions League nel girone dell’Inter, riportando anche risultati clamorosi come la vittoria al Santiago Bernabeu contro il Real Madrid.
Questa sovra esposizione mediatica non fa piacere a Chisinau, perché ha portato molti a puntare i fari sulla Transinistria e sulla richiesta di indipendenza. Il calcio ancora una volta è strumento della politica per veicolare i propri interessi. Naturalmente questo è un gioco delle parti a cui il patron dello Sheriff, Viktor Gushan, non è esente. Uomo dal passato poco chiaro nel KGB – il servizio segreto dell’Unione Sovietica – nel 1993 fondò con il suo associato, Ilya Kazmaly, la Sheriff holing company, società che detiene il monopolio degli affari su petrolio, telecomunicazioni e media nella regione indipendentista. Gushan è il vero burattinaio di quanto succede là, tanto che, nel 2020, alle elezioni locali si presenta solo Obnovlenie, il partito occultamente finanziato proprio da lui. Intorno alla partita tra Sheriff e Partizan, girano interessi che coinvolgono la politica di alto livello e che potrebbero ulteriormente dare fuoco alle braci del conflitto in corso. E mentre i grandi club europei e la UEFA sono al braccio di ferro per dividersi la fetta dei guadagni del calcio europeo, in quella periferia che oggi è centro del mondo si gioca una partita ben più complessa che potrebbe davvero coinvolgere tutti noi.