le cose perdute del calcio

Le cose perdute del calcio

Il risultato ideale di una partita è zeroazero, i gol sono spesso errori“. Frasi come quella del mitico critico e calciatore Annibale Frossi, sono quel genere di frasi ormai celebri che ci riportano ad un calcio dal sapore antico, dalle immagini sfuocate e dalla grande poesia che lo circondava. Ed è esattamente in questo spirito che ci riporta Nicola Calzaretta col suo Le cose perdute del calcio edito per NFC Edizioni: un libro dal gusto amarcord ma che nasconde in realtà dubbi e domande sul futuro del calcio e le sue possibili evoluzioni. Condotta con grande ironia e spunti frizzanti, l’indagine a ritroso compiuta da Calzaretta ci fa rivivere vecchi pomeriggi di calcio, vecchie abitudini legate al mondo del pallone, senza però cadere nella mirabilia, anzi facendoci osservare come le cose possono cambiare sempre. Anche nel mondo del calcio.

le cose perdute del calcio

Una sorta di coccola ed insieme di avvertimento: linguaggio, ruoli, abitudini sembrano eterne finche durano. Il tempo cambia le cose e spesso non in male. Divisi in venti capitoli brevi con alcuni “fuori menu” davvero pregevoli, Calzaretta raccoglie dalla memoria piccoli spezzoni di film che abbiamo visto centinaia di volte o apprezzato alla radio, tema quest’ultimo che avrà naturalmente un capitolo a sé. Uno degli aspetti sicuramente più divertenti e spiazzanti sono i capitoli dedicati all’abbigliamento dei calciatori e alle sue evoluzioni. L’aspetto più eclatante del cambiamento in campo è la divisa del portiere, passata da rigorosamente nera a multicolore, ma soprattutto da manica lunga a mezza manica nell’arco di una decina di anni. Il cambiamento è stato lungo nel corso del tempo: prima sul colore (un divieto UEFA proibirà il nero per gli ultimi difensori), poi sulla lunghezza della manica che sempre più arrotolata arriverà con Buffon ad essere al gomito. E da Buffon in poi è moda, è cambiamento.  Stessa sorte toccherà al calzino, indumento attorno a cui si indovineranno anche le simpatie anarcoidi di alcuni giocatori che sfideranno il buon gusto tenendolo sempre all’altezza delle caviglie. Ma non solo i calciatori cambieranno, anche il pallone subirà cambiamenti evolvendosi in fretta e cambiando pelle fino a diventare uno “strumento” completamente diverso da quello con cui si giocava ad inizio secolo. 

Buffon divisa
La divisa del portiere è in continua evoluzione

Colpisce molto invece leggere, e quindi ricordare, che il linguaggio con cui siamo cresciuti nel mondo del calcio sia morto, seppellito. Un nuovo idioma ha completamente cancellato una serie di figure mitiche quali: lo stopper, il libero, il mediano di spinta, la punta avanzata e alcuni altri. Figure di uomini che si muovevano in un altro calcio, dove i ruoli erano fissati con un linguaggio quasi filosofico (ovviamente libero su tutti); un cambiamento quello linguistico che velocizzerà la comunicazione ma che allo stesso farà perdere immagini così evocative di un calcio oramai mitico.

Per chi volesse trovare nel libro di Calzaretta una polemica, beh sarà soddisfatto perché l’autore incolpa ironicamente il calcio moderno predicato da Arrigo Sacchi di aver ucciso in qualche maniera un modello di gioco che aveva costruito attorno a sé attori e protagonisti ben definiti. Prima del turnover si poteva addirittura osservare una figura ormai dimenticata nel calcio moderno: quella del secondo portiere; una sorta di presenza ombra che aleggiava sullo spirito del calcio per assenza e non per presenza. Una maglia, quella del 12, che oggi ha perso tutto il significato, ma che nel calcio di pochi anni fa significa essere secondo si, ma avere una dignità tutta a sé rispetto agli altri undici in campo.

L’autore incolpa ironicamente il calcio moderno predicato da Arrigo Sacchi di aver ucciso in qualche maniera un modello di gioco che aveva costruito attorno a sé attori e protagonisti ben definiti.

Poi c’è il calcio immaginato nelle estati delle campagne acquisti, quando i ragazzini sognavano grazie alla Gazzetta dello Sport arrivi da oltreoceano, e quello immaginato delle partite alla radio, dove le voci dei commentatori erano gli unici appigli dell’immaginazione prima di Novantesimo minuto. Una bella descrizione di Tutto il calcio minuto per minuto ci riporta agli albori prima dell’avvento delle televisioni a pagamento, in cui il calcio era prima di tutto attesa e immaginazione

Ad elencare gli aspetti più romantici di un calcio che non c’è più sembra quasi di voler far sembrare esclusivamente negativo il passare degli anni, ma questa non è certo l’intenzione di Nicola Calzaretta che infatti ci ricorda anche abitudini oggi considerate decisamente malsane. Per esempio, nel capitolo Fumo per la vittoria, si ricostruisce la storia della sigaretta a bordo campo, un’abitudine che oggi fa venire i brividi a ben vedere. Eppure pensate a Cruijff e Di Stefano accaniti fumatori da spogliatoio, o addirittura a Domenichini che appena entrato in campo si fiondava verso i giornalisti a cercare qualche boccata di sigaretta durante le partite. Adesso immaginatevi Ronaldo con una sigaretta in bocca e capirete da soli il salto quantico accorso sulla vicenda.

Bisogna segnare, però, anche uno dei capitoli più belli del libro: ovvero la ricostruzione della scomparsa delle nazionali dell’Est Europa. Una rimozione forzata come canterebbero gli Offlaga Disco Pax quella delle squadre oltre la Cortina di Ferro, che porta con sé il fascino di sfide con altri mondi come la Jugoslavia, la Cecoslovacchia e naturalmente la Germania dell’Est. Mondi lontani che ovviamente raccontano anche di passaggi storici ed epocali che vanno ben al di là del calcio. Le cose perdute del calcio si presenta come un ottimo regalo per gli amanti del calcio, da fare e da farsi fare, per la qualità e la precisione dei ricordi, per la ricostruzione scientifica delle evoluzioni del calcio senza perdere quella capacità di ricostruire tutto partendo sempre da una storia sentimentale. 

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