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Enzo Abbagnale, il canottaggio nel sangue

Raggiungiamo Enzo Abbagnale nella sua casa di Castellammare di Stabia, dove il canottiere figlio d’arte vive con la sua famiglia – famiglia in cui ovviamente la passione per il canottaggio è di casa, come i successi olimpionici. Abbiamo intervistato Enzo Abbagnale e ci ha raccontato la passione, la determinazione e il sacrificio che il canottaggio richiede. Tra sintonia e resistenza alla fatica, il canottaggio nelle parole della medaglia d’oro ai mondiali juniores si presenta come una disciplina carica di fascino e complessa.

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Foto: Angelo Lanza / AF MAGAZINE

Da dove parte la tua passione per il canottaggio e a che età hai iniziato a praticarlo?

Mi sono avvicinato al canottaggio a dieci anni; era inevitabile che avessi dei contatti col canottaggio, ma non sono mai stato forzato a provare. Frequentando un po’ l’ambiente con mio padre sono stato io a chiedere di potermici cimentare, fino a quando a undici ho avuto la possibilità di provare effettivamente, dopo negli anni me ne sono pentito. (Ride)

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Com’è l’ambiente del canottaggio? 

Il canottaggio non è sotto i riflettori come molti altri sport, ci sono tante cose anche positive che non salgono alla cronaca, non c’è tanta gente interessata. Sicuramente farebbe piacere una vetrina maggiore per questo sport. Ora, però, noto che sta raggiungendo un buon interesse nei media anche il canottaggio, un’opportunità per gli atleti di farsi conoscere pur provenendo da uno sport minore.

Come si svolge la vostra attività? 

Noi viviamo quasi sempre in ritiro durante l’anno, ritiri di due o tre settimane al mese, e con una settimana o dieci giorni di stacco prima di un nuovo ritiro per preparare gli appuntamenti dell’anno.

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Foto: Angelo Lanza / AF MAGAZINE

Canottaggio come scelta di vita. Quando hai sentito che il canottaggio sarebbe diventato qualcosa di più che una passione?

Nel canottaggio l’impegno maggiore si ha dai quindici anni in su, momento in cui cominci con le gare serie, i campionati nazionali; fino a quattordici è un gioco. A sedici anni ho avuto la prima convocazione nella Nazionale juniores e ho avuto la prima medaglia mondiale pur appartenendo ancora alla categoria ragazzi, che è quella prima dei juniores. Quello è stato un bellissimo anno perché prendere una medaglia mondiale facendo parte ancora di una categoria inferiore fu per me una grande soddisfazione. Da lì ho avuto due anni ancora di juniores e poi sono passato ai senior.

La vittoria della medaglia mondiale ha segnato il passaggio ad una fase più seria della tua attività sportiva? 

Certo, anche se il passaggio alla fase più seria lo avuta dopo i diciotto anni, perché fino ad allora ero comunque ad un livello giovanile. Anche gli allenamenti si intensificano quando passi a doverti confrontare con persone che sono nell’ambiente già da dieci anni. Il primo anno in cui passi nella categoria senior é sempre il peggiore, perché ti sei catapultato in un mondo in cui all’improvviso ti ritrovi persone che gareggiano al top da molti anni e tu sei buttato lì a gareggiare contro di loro. Spesso nel primo anno nei senior arrivano delle belle batoste, ma é il passaggio obbligatorio poi impari a prendere le misure; è una sorta di gavetta che bisogna affrontare.

Nel canottaggio l’impegno maggiore si ha dai quindici anni in su, momento in cui cominci con le gare serie, i campionati nazionali; fino a quattordici è un gioco.

Quali sono le caratteristiche che secondo te deve possedere un buon canottiere?

A livello fisico: l’altezza; sicuramente questa é una delle caratteristiche principali che aiutano nell’affrontare il canottaggio. Io sono uno dei più bassi in assoluto della Nazionale (Vincenzo Abbagnale é alto 1,87 ndr.), solo uno dei miei compagni è più basso di me, gli altri sono tutti al di sopra del metro e novanta. Oltre all’altezza ci sono molte altre componenti: il canottaggio è uno sport in cui non puoi competere se non hai motivazione e caparbietà nell’affrontare le cose e nel resistere alla fatica.

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Il canottaggio è uno sport in cui non puoi competere se non hai motivazione e caparbietà nell’affrontare le cose e nel resistere alla fatica.

Che allenamento fai abitualmente?

Chi fa canottaggio fa un misto di vari allenamenti. Di solito ci alleniamo due volte al giorno tutti i giorni, compresa la domenica al mattino, per un totale di tredici allenamenti alla settimana. Di solito al mattino la seduta è dedicata alla vasca di canottaggio, mentre al pomeriggio si tende a fare cose alternative come corsa e pesi, oppure sedute di lavoro indoor sul remoergometro che ti prepara a livello fisiologico. Con l’avvicinarsi delle gare più importanti si intensificano le sedute in barca per cominciare a massimizzare le sensazioni e il feeling con la barca e i compagni.

Di solito ci alleniamo due volte al giorno tutti i giorni, compresa la domenica al mattino, per un totale di tredici allenamenti alla settimana

Il canottaggio è uno sport di squadra ristretto, se mi permetti la definizione, come si scelgono i compagni? Tu come li hai scelti?

In realtà, i compagni possono capitare nella prova di diverse combinazioni della squadra. Se c’è una particolare chimica e quindi la barca risponde subito bene. Nella maggior parte dei casi, però, il direttore tecnico dopo varie prove e tentativi vara la formazione di una barca con un certo tipo di persone che risponde a determinate caratteristiche. Un po’ é trovarsi fra compagni, un po’ è essere convocati dall’alto.

C’è una componente psicologica nella scelta del compagno?

Sicuramente esiste una componente psicologica nell’approccio alle gare, ma bisogna ricordare che all’interno della squadra tutti hanno remato con tutti, quindi, in generale ci si conosce bene tutti. Ovviamente, in alcuni casi ci sono delle chimiche speciali tra alcuni, però, non è la solo la componente psicologica che ti fa varare la barca, mentre poi in gara diventa una caratteristica importante.

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Nei grandi successi di tuo papà e tuo zio pensi abbia influito il grado di parentela?

Certamente la confidenza con il tuo compagno di barca può aiutare molto nel confronto quotidiano, anche perché in queste cose non ci devono essere molti peli sulla lingua: tutti vogliono la stessa cosa e si é molto espliciti nel dire le cose da migliorare o da cambiare per raggiungere la vittoria. Un rapporto di parentela può influire, ma tante volte si può creare un legame maggiore con amici esterni. Io, per esempio, ho persone con cui mi trovo bene e con cui siamo in perfetta sintonia, compagni con cui facendo barca da tanti anni ci capiamo senza bisogno neanche di parlare.

Quindi la sintonia è importante perché la comunicazione deve essere molto rapida soprattuto in una gara, quando i secondi contano.

Sì esatto. La sintonia si costruisce con l’allenamento, nel senso che più ti alleni insieme, più la barca é rodata; più vai in gara e ognuno sa quello che deve fare nei confronti dell’altra persona. Durante la gara la sintonia deve essere già ben salda perché non hai occasione di dire tante cose, possono essere al massimo piccole paroline perché la fatica non te lo permette; hai già il cuore in palla, non puoi comunicare tanto.

Ti è mai capitato di litigare, discutere in barca? 

Assolutamente sì, non dico ogni giorno ma molto spesso. (Ride) Sopratutto, nei periodi invernali in cui il lavoro è tanto e lo stress accumulato è tanto. Capitano molte situazione di diverbi, discussioni, ma poi tutti sanno che queste cose sono legate allo stress e, messo il piede fuori dalla barca, è tutt’altra cosa. Poi, ci sono persone che reagiscono in maniera diversa, io per esempio da impulsivo sono spesso irascibile nei momenti in cui la barca non va bene o c’è qualche problema.

Io da impulsivo sono spesso irascibile nei momenti in cui la barca non va bene o c’è qualche problema.

Come stai vivendo il periodo a cui è sottoposto lo sport in tempi del Covid-19?

Il virus ha condizionato tutto; è stato sovvertito tutto l’ordine del mondo. Noi abbiamo avuto un primo lockdown in cui ci siamo allenati solo grazie alle strutture della Marina Militare che ci ha fornito in quel periodo tutte le strutture per lavorare, e ci tengo davvero a ringraziare. Il 2020, complice anche qualche acciacco personale, non è stato un anno semplice; speriamo che l’anno prossimo sia migliore.

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Foto: Angelo Lanza / AF MAGAZINE

Quali mete ti sei posto nel breve periodo e nel lunghissimo?

Quest’anno sarà un replay dell’anno scorso, lo inizieremo con tutta una serie di selezioni interne a livello nazionale. Poi, verrà stabilità la squadra che parteciperà ai primi appuramenti amori internazionali, le Cooper del mondo, le qualifiche per le Olimpiadi e le Olimpiadi.

Quali sono gli hobby di Enzo Abbagnale quando non fa canottaggio?

Ho molti hobby e passioni. In questo periodo grazie alla Luiss ho avuto la possibilità di ritornare a studiare e specializzarmi in marketing, materia che avevo affrontato solo come triennio anni fa. Per il resto, amo uscire con gli amici, amo la lettura ma non ho mai il tempo di leggere, amo la musica dall’hip hop alla classica, vario moltissimo negli ascolti. Una mia grande passione è la moto, appena sono a casa vivo come una liberazione il poter correre sulla Costiera Amalfitana almeno per un po’ con la mia moto.  

Una mia grande passione è la moto, appena sono a casa vivo come una liberazione il poter correre sulla Costiera Amalfitana almeno per un po’ con la mia moto.  

In quale sport saresti diventato un campione se non avessi fatto canottaggio?

Non so se sarei diventato un campione perché è una cosa sempre diffide, ma sicuramente ci avrei provato perché non posso vivere senza la competizione anche in altri sport. In quale sport? Penso un sport con la palla, avrei provato con il calcio o la pallanuoto.

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