Zdeněk Koubek

Un atleta dimenticato, un funzionario nazista e le origini dei test di genere alle Olimpiadi

In un giorno qualunque del 1920, in un sobborgo di Brno, in Cecoslovacchia, una giovane di tredici anni di nome Zdena Koubková stava lavorando in un piccolo negozio di abbigliamento. Il negozio, con le sue file ordinate di vestiti e stoffe, era il mondo di Zdena, un rifugio dal tumulto interno che l’accompagnava fin dalla nascita. Quel giorno un giovane medico entrò nel negozio. L’uomo, con l’aria distinta e il passo deciso, si avvicinò alla giovane e le passò un biglietto piegato con cura. Era un invito per lei e la sua collega, Boženka, a un incontro di atletica leggera in cui il medico avrebbe gareggiato. Qualche giorno dopo, le due commesse si recarono nel piccolo stadio che avrebbe ospitato la competizione. Quando iniziò la corsa dei cento metri, Zdena si ritrovò paralizzata dall’emozione. Gli atleti si muovevano con una grazia che la lasciò senza fiato, il flusso d’aria attorno ai loro corpi, la libertà di movimento: era come assistere a una danza potente e ipnotica.

Zdena aveva sempre saputo di essere diversa. Il mondo la vedeva come una ragazza, ma dentro di sé sapeva di non esserlo. Quella consapevolezza la tormentava, ma l’atletica gli offrì una via di fuga. Non ne aveva mai abbastanza; divorava la sezione sportiva di ogni giornale che riusciva a trovare e ritagliava le foto dei migliori velocisti, incollando le immagini con cura su un album che custodiva gelosamente. Iniziò anche ad allenarsi con dedizione. Si iscrisse a un piccolo club femminile a Brno e la sua velocità non passò inosservata. Un amico parlò di lei a un dirigente di un club universitario locale, descrivendola come “una ragazza con il diavolo in corpo“. Nel 1932 convinse il club a pagarle la partecipazione ai campionati nazionali di atletica a Praga, dove avrebbe gareggiato nel salto in alto e negli ottocento metri. Sorprese tutti con un secondo posto in entrambe le gare.

Nel giro di pochi anni, Zdena divenne nota a livello internazionale, non solo per la sua abilità atletica ma anche per la sua decisione di vivere apertamente come uomo dopo un intervento chirurgico all’inizio del 1936. Le fonti contemporanee parlano di Zdena/Zdeněk come intersessuale, ma questo termine è limitato rispetto alla sua complessa identità. Zdeněk stesso descriveva la sua esperienza in termini che oggi riconosceremmo come trans.

Nel 1933, dopo il successo ai campionati nazionali, Zdeněk ricevette un invito a far parte di una squadra con sede a Praga. Si trasferì in città e incontrò Jarmila Žáková, un’affascinante studentessa universitaria. La loro amicizia divenne un rifugio di gioia e complicità. Andavano al cinema a vedere Greta Garbo e Marlene Dietrich, passeggiavano nei parchi di Praga parlando di sport e spettegolando sulle celebrità. Zdeněk non è mai stato chiaro su quale fosse la natura della relazione, ma fu grazie a Jarmila che si tagliò i capelli e si convinse ancora di più di essere un uomo.

Zdeněk Koubek

Le Olimpiadi moderne inizialmente offrivano poco spazio agli sport femminili. Pierre de Coubertin, il fondatore dei Giochi, era apertamente contrario alla partecipazione delle donne, non considerandola “uno spettacolo da raccomandare di fronte alla folla che si riunisce per un’Olimpiade“. Le atlete non furono ammesse ai Giochi di Atene nel 1896, e solo diciannove parteciparono a quelli di Parigi, quattro anni dopo. A St. Louis, nel 1904, parteciparono solo otto donne. Nel 1922, Alice Milliat creò le Olimpiadi femminili, poi ribattezzate Giochi mondiali femminili, che ebbero un successo travolgente al punto da rappresentare un pericolo per il Comitato Olimpico Internazionale (CIO), che temeva potessero contrastare la notorietà dei Giochi Olimpici. I terzi Giochi mondiali femminili si tennero a Praga nel 1930, ma nessuna atleta ceca vinse una medaglia. Determinato a cambiare le cose, Zdeněk mirava alla quarta edizione, che si sarebbe tenuta a Londra. Gli appassionati cechi riconobbero in Zdeněk l’unico concorrente con una possibilità di vincere, al punto che la star del cinema ceco, Anny Ondra, si offrì di coprire le spese del viaggio e la rivista Star lo assunse per scrivere resoconti in prima persona sull’evento. Nell’agosto del 1934, Zdeněk salutò Jarmila alla stazione ferroviaria di Praga, stipandosi in un vagone di terza classe con una pila di giornali cechi, in direzione della capitale inglese.

Londra. La sua immensa grandezza lo sopraffece. Il cibo lo nauseava e l’inglese limitato rendeva difficili gli spostamenti. La prima gara, gli ottocento metri, si disputò il 10 agosto al White City Stadium. Di fronte a migliaia di spettatori, Zdeněk si schierò con una mezza dozzina di velociste, tra cui la britannica Gladys Lunn, già medaglia d’oro. Nonostante un inizio difficile, Zdeněk recuperò velocemente, superando Lunn e la svedese Märtha Wretman nell’ultimo giro, tagliando per primo il nastro. Qualcuno gli disse che aveva stabilito un record mondiale: due minuti e 12,4 secondi. Poteva essere l’inizio di una grande carriera, ma la politica intervenne. Sotto la pressione del CIO e a causa della mancanza di fondi, i Giochi mondiali femminili cessarono di esistere. All’inizio del 1935, i funzionari cechi revocarono lo status di dilettante a Zdeněk dopo che la sua immagine apparve in una pubblicità non consentita sulla sua sessualità per Ovaltine. L’atleta insistette che l’azienda aveva usato la sua immagine senza permesso, ma le voci sulla sua identità di genere si erano già diffuse dai Giochi mondiali femminili di Londra.

Frustrato e esausto, Zdeněk decise di non ignorare più i dubbi sulla sua identità che aveva evitato per anni. In una grigia giornata di ottobre del 1935, entrò nello studio di un medico a Praga chiedendo se una transizione di genere fosse possibile. Il professor H., come Zdeněk lo definisce nelle sue memorie, sottopose il giovane a una serie di esami e alla fine di novembre, certificò che Zdeněk era “un individuo con caratteristiche prevalentemente maschili” e aveva raccomandato che venisse operato, suggerendo all’atleta di prepararsi a vivere pubblicamente come uomo. Qualche tempo dopo, quando un giornalista del quotidiano Czech Word pubblicò una sua intervista, mentre rileggeva l’articolo,Zdeněk sorrideva: gli sembrava, spiegò in seguito, non di leggere il suo “necrologio, ma piuttosto la notizia della nascita di una nuova persona“.

Pochi giorni dopo, l’intervista venne ripresa da Reuters e altre testate nazionali ed internazionali. Il Daily News uscì con il titolo: “Il sesso di una ragazza atleta cambierà“. Gli articoli definivano la sua transizione come una “metamorfosi”, sottintendendo che il suo corpo si era spontaneamente trasformato per rispecchiare quello di un uomo. (Studi che tentavano di documentare trasformazioni simili negli animali erano stati pubblicati su The American Naturalist e altre riviste; all’epoca esisteva una teoria secondo cui ciò poteva accadere anche alle persone.) Un articolo raccontava che Zdeněk aveva vissuto a lungo “al confine tra mascolinità e femminilità“. Un’agenzia di stampa riferì: “Tali casi di ‘donne che diventano uomini’ non sono rari nella storia della medicina“.

Ben presto Zdeněk non poteva più entrare in un bar senza che qualcuno lo riconoscesse.

Mi sento come se all’improvviso il mondo mi avesse sorpreso nudo. [Voglio] allontanarmi dalla curiosità del mondo per poter vivere come chiunque altro e dedicarmi allo sport.

Assunse un avvocato per correggere l’indicazione del sesso sul suo certificato di nascita, in modo che potesse indossare abiti da uomo senza essere arrestato; il travestitismo era illegale in Cecoslovacchia. L’avvocato non era economico così fu costretto a farsi pagare per fotografie e interviste. Chiese cinquecento dollari a un’agenzia di stampa statunitense in cambio di un’esclusiva e mille franchi a un giornale francese per un’intervista. La sua prima operazione chirurgica fu completata intorno al febbraio del 1936. La tecnologia per questo tipo di interventi era limitata (la prima falloplastica fu eseguita solo quell’autunno, in Russia). Dopo la seconda operazione, un’infermiera lo condusse al reparto maschile, dove trovò un letto d’ospedale etichettato con il suo nuovo nome e cognome. Più tardi, annunciò che aveva intenzione di ricominciare la sua preparazione atletica, questa volta per competere contro gli uomini.

La storia di Zdeněk ebbe molta eco in Europa e anche negli Stati Uniti, al punto che il direttore del Journal of the American Medical Association, Morris Fishbein, scrisse:

Senza dubbio in vari posti negli Stati Uniti oggi ci sono bambine che crescono e che alla fine diventeranno prevalentemente maschi e che avranno bisogno del tipo di diagnosi e intervento chirurgico che è stato menzionato. Ciò di cui hanno più bisogno in questo momento è la giusta comprensione da parte dei loro genitori, dei loro dottori e della comunità in generale.

La rivista scientifica Sexology scrisse di Zdeněk e piovvero lettere da persone che oggi potrebbero definirsi trans o intersessuali. Una delle lettere chiedeva: “Potrò vivere il resto della mia vita come donna, come ho desiderato per tutta la vita? Mi sembra che mi ripagherebbe degli anni di sofferenza che ho già sopportato“.

Ma Wilhelm Knoll aveva una risposta diversa. Era il capo della Federazione Internazionale di Medicina dello Sport, un influente gruppo di medici sportivi consulenti del CIO e della Federazione Internazionale di Atletica (IAAF). Era anche un membro del partito nazista. Knoll scrisse del suo desiderio di rimuovere “elementi inadeguati” dallo sport, un termine che sembrava riferirsi non solo agli ebrei ma anche alle minoranze razziali e di genere. Pubblicò un editoriale sulla popolare rivista Sport, nel gennaio del 1936, accusando Zdeněk di “ingannare deliberatamente” i funzionari sportivi sul suo sesso biologico. Chiese alla IAAF di bandirlo dalle imminenti Olimpiadi di Berlino e di privarlo dei suoi record mondiali. Gareggiando negli sport femminili, scrisse, Zdeněk “fa ingiustamente uso della sua superiorità fisica, come uomo, contro donne fragili“. La sua posizione come medico e consulente sportivo diede valore alle sue affermazioni: diversi giornali americani ripubblicarono estratti del suo editoriale, che fu diffuso anche dal quotidiano nazista Der Führer.

Zdeněk Koubek

Pochi mesi dopo, Mark Weston, lanciatore del peso che si era qualificato per i Giochi due volte, nel 1926 e nel 1930, annunciò che anche lui stava affrontando una transizione di genere. Knoll iniziò a fare pressioni più forti. “Chiedo che tutte le partecipanti donne ai Giochi olimpici facciano controllare in anticipo il loro sesso da un medico appositamente incaricato“, scrisse in una delle tante lettere che inviò alle varie federazioni sportive internazionali. Suggerì che questi controlli venissero effettuati nei dormitori femminili poco prima dell’inizio dei Giochi. Knoll non specificò cosa i funzionari avrebbero dovuto controllare. Come medico, sapeva sicuramente che nessun singolo tratto, nemmeno i genitali, poteva semplicemente e universalmente demarcare il maschile dal femminile; il corpo umano è complicato e il sesso biologico esiste su uno spettro più ampio di quanto molti credano. Quindi chi avrebbe superato questi test e come? Considerando l’impraticabilità di questo metodo, la IAAF si limitò ad approvare una regola dalla formulazione vaga che permetteva alle concorrenti di presentare dei ricorsi nel caso avessero avuto dubbi sulla “natura fisica” di qualcuno delle loro avversarie.

Ma ormai Zdeněk era salpato per New York con il suo vecchio passaporto che indicava ancora il genere femminile e su cui i funzionari cechi avevano frettolosamente scarabocchiato: “Il portatore ora è ufficialmente un uomo“. Sbarcato nella Grande Mela, per fare il suo debutto a Broadway, in uno spettacolo di cabaret intitolato Folies d’Amour, sembrava ormai che il mondo dello spettacolo potesse diventare il suo futuro; era anche in trattative per recitare ad Hollywood in un film basato sulla sua vita. Alla fine di ottobre, salì a bordo di un altro piroscafo, il Lafayette, diretto in Francia, dove si esibì nel famoso music hall Folies-Bergère, a Parigi, insieme a Josephine Baker. Poi, dopo circa una settimana, tornò a casa, a Praga, dove ormai era oltremodo famoso. Ma questo momento di gloria e benessere stava per giungere al termine. Nel 1939 le truppe naziste iniziarono ad occupare la Cecoslovacchia. Nel 1940, Zdeněk sposò Uršulou Škrobačovou e trovò lavoro presso la Škoda. Mentre i nazisti mandavano le persone queer e trans nei campi di sterminio, Zdeněk riuscì a farla franca: all’apparenza era l’immagine dell’eterosessualità ariana. E il suo stare lontano dai riflettori permise alla sua storia di essere dimenticata.

Dopo la seconda guerra mondiale, la regola creata dalla IAAF su sollecitazione di Knoll era ancora vigente, anche se pochi funzionari sembravano sapere perché esistesse o quando fosse stata introdotta. Tant’è che negli anni Ottanta, un genetista finlandese di nome Albert de la Chapelle iniziò a criticare le politiche del CIO sul genere in quanto non scientifiche, e i funzionari faticarono ad articolare una risposta. Nel 1987, Mary Glen-Haig, una delle prime donne a ricevere un seggio nel CIO, riconobbe che la regola era un problema. Persino de Mérode, il commissario che supervisionava i test sulla “validità” del genere, una volta ammise che “era praticamente impossibile, scientificamente, definire il sesso di un atleta“. Eppure, nonostante ciò, l’IAAF, che nel frattempo si è rinominata World Athletics, praticamente ha proibito a tutte le donne trans di competere alle prossime Olimpiadi che si terranno a Parigi. Abolire i test sul genere significherebbe accettare che le persone non possono essere suddivise in maschio e femmina, e questo, a sua volta, solleverebbe la questione se invece gli sport debbano esserlo. La storia di Zdeněk Koubek sembra insegnarci che questa impostazione manichea dello sport, forse, non ha più così tanto senso.

About

Zeta è il nostro modo di stare al mondo. Un magazine di sport e cultura; storie e approfondimenti per scoprire cosa si cela dietro le quinte del nostro tempo,