Alexandra David-Néel

Il viaggio pioneristico di Alexandra David-Néel nella città proibita di Lhasa

Nel 1924, Alexandra David-Néel divenne la prima donna europea a mettere piede nella città tibetana di Lhasa. Ora, a distanza di 100 anni, la sua storia è più attuale che mai.

Sin dai tempi dei Romani, i viaggiatori si sono affollati a Digne-les-Bains, una cittadina nel cuore dell’Alta Provenza nota per le sue sorgenti naturali. Tuttavia, anche se le sue gambe erano comprensibilmente stanche dopo 14 anni di viaggi intraprendenti attraverso l’Asia, per Alexandra David-Néel non erano i poteri rigeneranti delle sue acque termali a chiamarla in quel luogo incontaminato nel sud della Francia nel 1928. Fu per quel paesaggio nascosto tra le montagne che le ricordava il suo amato Tibet, un Paese che, quattro anni prima nel 1924, all’età di 55 anni, aveva attraversato a piedi travestita da pellegrina per diventare la prima donna europea ad entrare nella città proibita di Lhasa.

Alexandra David-Néel

Quando tornò dal suo viaggio in Tibet, con i guadagni dei suoi libri, David-Néel iniziò a cercare un luogo da chiamare casa. Quando un agente immobiliare la portò 150 km nell’entroterra fino a Digne-les-Bains, e lei ammirò il paesaggio montuoso, sembrava aver trovato la cosa più simile al Tibet nella sua patria. Acquistò una piccola casa alla periferia della città su un ettaro e mezzo di terreno, chiamandola “Samten Dzong“, o “Residenza della Riflessione”. Recentemente restaurata come era quando vi abitava, la Samten Dzong è aperta ai visitatori per apprendere di più sulla vita e le avventure di questa donna pioniera. E il 2024 è un anno speciale, perché segna il centenario del suo viaggio a Lhasa, con due mostre temporanee: uno studio fotografico del viaggio di David-Néel a Lhasa (fino al 31 marzo) e una collezione di opere tessili ispirate ai suoi viaggi dell’artista franco-iraniana Golnaz Payani (fino al 19 maggio).

Tenzin Gyatso, il 14° Dalai Lama, ha definito David-Néel “una buddista entusiasta, la prima a introdurre il vero Tibet all’Occidente“. Infatti, il suo corpus di opere – più di 30 libri su viaggi e buddhismo – è riuscito a plasmare la comprensione occidentale sulla spiritualità e sulla religione orientale, influenzando diversi artisti del XX secolo, tra cui Jack Kerouac. Eppure, come raccontato dalla sua biografa, Jeanne Mascolo de Filippis, Alexandra David-Néel “continua a non essere conosciuta“.

Fin dall’età di cinque anni, una piccola precoce bambina parigina… ho desiderato andare oltre il cancello del giardino, seguire la strada che lo attraversava e partire per l’ignoto.

Alexandra David-Néel – autobiografia Viaggio di una parigina a Lhasa

Louise Eugénie Alexandrine Marie David nacque nel villaggio francese di Saint-Mandé il 24 ottobre 1868. La sua infanzia fu influenzata dalle diverse mentalità dei genitori: lui, un massone che curava una pubblicazione repubblicana; lei, una cattolica belga conservatrice. Alexandra, che era figlia unica, ricevette dalla madre una severa formazione religiosa; il padre, invece, le impartì un’educazione rivoluzionaria, tanto che nel 1871 la portò persino a vedere l’esecuzione degli ultimi prigionieri della Comune di Parigi, affinché non dimenticasse mai che cosa fosse la vita reale. Fin da ragazza viaggiò tra Regno Unito, Italia, Francia e Belgio, frequentando circoli anarchici e femministi. A 21 anni, dopo aver divorato libri nella biblioteca della Società Teosofica di Parigi, si convertì al buddhismo. Viaggiò in India per la prima volta nel 1894 per studiare il sanscrito. Dopo il suo ritorno, oscillò tra il giornalismo e la vita sul palcoscenico, come cantante lirica, e lavorò persino al casinò di Tunisi; fu nella capitale tunisina che, nel 1904, sposò Philippe Néel, un ingegnere francese. Il loro sarebbe stato un matrimonio non convenzionale, trascorso separatamente, ma rimasero sposati fino alla morte di lui, nel 1941.

Alexandra David-Néel

Ha avuto molte vite, ognuna con volti molto diversi, ma tutte riflettevano una grande modernità per il suo tempo.

Nadine Gomez-Passamar, capo curatrice dei Musées de la Ville de Digne-les-Bains

Nel 1911, David-Néel partì per quello che sarebbe diventato il suo più lungo viaggio: un’odissea di 14 anni attraverso Giappone, Korea, Cina, Mongolia, India e Tibet, che culminò nel suo viaggio di quattro mesi verso Lhasa. Imparò il tibetano su istruzione del 13° Dalai Lama, studiò testi nei monasteri tibetani e meditò in un eremo nell’Himalaya, nel Regno del Sikkim per 18 mesi.

Vissi in una grotta a quattromila metri di altitudine, meditai, imparai la vera natura degli elementi e divenni una yogi. Come era cambiata la mia vita, ora la mia casa era di pietra, non possedevo nulla e vivevo della carità degli altri monaci.

Fu qui che incontrò un giovane monaco, chiamato Aphur Yongden, che divenne prima il suo compagno di viaggio e poi il suo figlio adottivo. In quegli anni il Tibet era proibito per tutti gli stranieri, tranne che per alcuni britannici, i quali avevano negoziato il controllo delle rotte commerciali. Questo non intimorì David-Néel, che come scrisse poi nella sua autobiografia, aveva giurato a se stessa di “raggiungere Lhasa e mostrare cosa possa realizzare la volontà di una donna“.

Alexandra David-Néel

Come racconta nel suo memoir, affrontò briganti e controlli di frontiera, viaggiando principalmente di notte, il viso oscurato dalla cenere e indossando codini di pelo di yak mentre interpretava il ruolo di madre di Yongden. 

Dicemmo a tutti che andavamo in cerca di erbe medicinali. Yongden fece finta di essere mio figlio. Io mi tinsi la pelle con cenere di cacao e usai del pelo di yak che tinsi con inchiostro cinese nero, come se fossi la vedova di un lama stregone. Decidemmo di viaggiare di notte e di riposare di giorno. Di viaggiare come fantasmi, invisibili agli occhi degli altri. Qualche volta dovemmo far bollire l’acqua e gettarvi un pezzo di pelle dai nostri stivali per nutrirci.

Ma il successo a Lhasa, dove altri avventurieri e missionari avevano fallito, non era dovuto solo alle sue abilità trasformiste. “Fu iniziata da maestri, quindi il suo scopo era già più legittimo. E, conosceva molto bene il terreno – dopo tutto, aveva trascorso anni a vivere [in Tibet],” dice Mascolo de Filippis. Rimase a Lhasa per due mesi, mettendo finalmente piede nel maestoso Palazzo del Potala, la residenza invernale del Dalai Lama, prima di lasciare la città con Yongden per iniziare il viaggio di ritorno in Francia, dove venne accolta da eroina.

David-Néel si ambientò alla vita provenzale nella casa che aveva gradualmente ampliato, costruendo una torre per la meditazione, coronata da un gyältsän, un emblema della vittoria tibetana. Nel 1937, tornò in Asia per un viaggio di nove anni che sarebbe stato il suo ultimo, vendendo parte del terreno intorno a Samten Dzong per finanziarlo. Yongden, il suo figlio adottivo, morì nel 1955. David-Néel visse fino all’età di 100 anni. Nel suo testamento, lasciò Samten Dzong e i diritti sulle sue opere alla città di Digne-les-Bains, ma specificò che la sua segretaria e compagna, Marie-Madeleine Peyronnet, poteva continuare a vivere lì. 

C’è qualcosa di particolarmente toccante nei semplici arredi della casa. Dopo quattro mesi trascorsi a dormire sotto tende rudimentali sulle montagne tibetane, la loro esistenza a Digne-les-Bains manteneva ancora un contesto spartano. A cento anni dai suoi viaggi pionieristici in Tibet, la storia di David-Néel è ancora più rilevante che mai. “Aveva un’intelligenza, una vivacità, un desiderio di vivere e una curiosità insaziabile,” dice Mascolo de Filippis. “Ha seguito il suo percorso fin dall’inizio e ha voluto dare un senso alla sua vita – e ci è riuscita.

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