Già il nome è qualcosa di semplice, nemmeno lo sforzo di pensarci troppo. Semplice e concreto. Era questo, Giuliano Giuliani. E per uno come me che alla fine degli anni Ottanta ha visto nascere il Fantacalcio negli scantinati polverosi di periferia, Giuliani era un portiere su cui era doveroso spendere qualche fantamilione; uno che ti faceva fare quel punto in più e portare a casa la partita. Ecco Giuliano Giuliani – sempre pronunciato per intero, quasi a volerne consolidare la presenza –inquadrato poco sorridente, sguardo teso e attento, quasi malinconico, forse per ricordarsi che la vita è dura, per arrivare in alto bisogna lavorare e i sorrisi vanno centellinati. Se lo deve ricordare tutti i giorni, soprattutto uno come lui, che nasce da una famiglia povera, costretta a lasciare la natia Roma per emigrare in Germania a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta per tentar fortuna. Che poi, fortuna non è. Giuliano si trasferisce dagli zii ad Arezzo dall’età di 3 anni, mentre i genitori rimangono in Germania e all’età di 14 anni inizia a giocare a calcio in una squadra aretina. Nel frattempo, però, entrambi i genitori muoiono.
Giuliano è già un ragazzone di oltre un metro e 80; inizia giocando centravanti, ma presto si scopre portiere e dimostra di essere dotato, raggiungendo la Terza Categoria già giovanissimo tanto da farsi notare dagli osservatori del Torino che lo vogliono subito ingaggiare, trovando tuttavia la resistenza degli zii considerevoli della giovane età e dell’epoca in cui il calcio era ancora percepito come un “gioco” e non come un mestiere per vivere. Passa all’ Arezzo, dove nel campionato del 1976/77 fa il suo esordio in serie C all’età di 18 anni. L’anno successivo gioca 8 partite, poi 13 finché nel campionato 1979/1980 diventa il portiere titolare dell’Arezzo giocando 30 partite e subendo 15 gol. L’Arezzo resta in serie C, ma Giuliano Giuliani è pronto per il grande salto. Nel 1980 infine il suo cartellino diventa di proprietà del Como, appena salito in serie A, dove nel campionato 80/81 da secondo colleziona 4 presenze. Il Como si salva e lui diventa il portiere titolare nel campionato successivo. Col Como scende in B e lì rimane per tre anni per risalire in serie A nel campionato 1983/84, dove si trova a giocare contro Maradona, Platini, Zico, Falcao. Anche grazie a Giuliani, il Como fa un ottimo campionato e si piazza al 9° posto.
L’anno successivo viene scelto dall’Hellas Verona, che ha appena vinto un campionato incredibile, per sostituire Garella, portiere naïf che spesso riesce ad evitare il gol parando con i piedi (le c.d.d. “Garellate”); Garellik infatti passa al Napoli di Maradona. Giuliani giocherà la Coppa dei Campioni, dove tuttavia il Verona si ferma agli ottavi perdendo con la Juve; in campionato il Verona non riesce a ripetere la stagione precedente e chiude in 10° posizione. Appassionato di arte, Giuliani è l’icona del calciatore professionista, serio e riservato, per qualcuno al limite della malinconia: potesse essere dipinto, forse sceglierebbe di entrare in un quadro di Munch. Nel 1988 viene selezionato per far parte della Nazionale Olimpica come riserva di Stefano Tacconi. Un’avventura che si concluderà in semifinale contro l’URSS, perdendo 3-2 ai tempi supplementari.
Appassionato di arte, Giuliani è l’icona del calciatore professionista, serio e riservato, per qualcuno al limite della malinconia
L’esperienza di Verona lo porta in quota, proprio nel momento in cui a Napoli il presidente Ferlaino attua un repulisti dopo il comportamento ribelle di qualche giocatore che sul finire del campionato si era scarsamente speso, lasciando vincere il campionato al Milan. Tra loro anche Garella viene tacciato tra i riottosi e il mister Ottavio Bianchi – che già aveva avuto Giuliani al Como – indica proprio questi per sostituirlo. Qualcuno in realtà sostiene che vi sia soprattutto il beneplacet di Dieguito, a cui Giuliani era riuscito a parare due rigori in carriera mentre difendeva la porta scaligera (nessun portiere vi era riuscito). La stagione 1988/89 regala a Giuliani e al Napoli una Coppa Uefa, chiudendo al secondo posto in campionato dopo l’Inter di Trapattoni e disputando la finale di Coppa Italia.
È una bella favola quella che sta vivendo il portiere romano: si sposa con la modella e conduttrice TV Raffaella del Rosario che appare in molte trasmissioni di calcio, e stringe una profonda amicizia con Diego. Sono due personaggi diametralmente opposti, con l’argentino in balia dei vizi e degli eccessi mondani; geniale e immenso in campo, tanto quanto nei contesti extracalcistici, fatta di figli sparsi per il mondo, droga, malavita e chissà. Viene convocato anche nella Nazionale di Azeglio Vicini ancora secondo di Tacconi, causa assenza di Walter Zenga nella partita amichevole contro l’Olanda all’Olimpico di Roma. Ma è proprio l’amicizia con Maradona che stona nella vita di Giuliani.
7 Novembre 1989. Maradona convoglia a nozze con la storica fidanzata Claudia Villafane e organizza la festa a Buenos Aires dove invita tutta la squadra, Giuliani e consorte compresi. Tuttavia però, i due coniugi hanno avuto da poche settimane la loro figlia Gessica, e Raffaella decide di rimanere a casa per accudirla, mentre Giuliano a quella festa ci va…
È una festa Maradona Style, fatta di eccessi e sfarzi, non di meno quelli a luci rosse. E Giuliano, ragazzo serio, riservato, trascinato da quella situazione che in vita sua non aveva mai vissuto, perde i suoi tratti caratteristici, sconfinando nel tabù. Che poi è territorio dove Maradona sguazza. Nella stagione 1989/90 il Napoli vince il suo secondo scudetto della storia, ma Giuliani è altalenante, tanto da perdere il posto da titolare in varie occasioni. Tuttavia nel finale riesce a riprendersi la porta e vince il suo primo e unico scudetto. Ma non giocherà la Coppa Campioni, anzi l’anno successivo viene ceduto all’ Udinese, in serie B, sostituendo per la terza volta Garella. Ha 32 anni e pare strano che un portiere che ha appena vinto un campionato, venga retrocesso. Come pare strano che il matrimonio con Raffaella giunga al capolinea. Disputa due stagioni con l’Udinese e da titolare torna in serie A con i friulani, ma l’anno successivo s’infortuna ad inizio campionato, per tornare in campo in uno scorcio di stagione. Viene anche coinvolto in una vicenda di droga in cui viene arrestato e subito dopo rilasciato. L’Udinese si salva, ma Giuliani decide che quello è il suo ultimo anno da calciatore. Ha 34 anni. È iniziata la sua parabola discendente. Come partire dal Purgatorio, toccare il Paradiso e concludere all’Inferno…
È una festa Maradona Style, fatta di eccessi e sfarzi, non di meno quelli a luci rosse. E Giuliano, ragazzo serio, riservato, trascinato da quella situazione che in vita sua non aveva mai vissuto, perde i suoi tratti caratteristici, sconfinando nel tabù.
Succede infatti che la stampa sportiva lancia un titolo: “Giuliani ha l’AIDS“, laddove la privacy all’epoca era solo una mera parola anglosassone, niente di più. Titolo che però non trova conferme né smentite, di fatto avvalorando il sospetto. Ed è così. Probabilmente quell’unica libertà concessasi in Argentina, oltre ad aver pregiudicato il suo matrimonio, ne aveva debilitato anche il fisico costringendolo al ritiro dalla carriera. Giuliani aveva effettuato un test durante la sua permanenza all’Udinese e aveva scoperto di essere sieropositivo. Lo aveva confessato a Raffaella e le aveva confessato anche di averla tradita. Giuliani si esilia a Bologna per stare vicino alla figlia Gessica di 7 anni; gestisce un negozio di abbigliamento e il mondo del calcio sembra averlo cancellato. Anche i suoi ex colleghi ed amici, soprattutto quelli del Napoli scudettato, sono spariti: è troppo rischioso stare accanto a un “appestato”, soprattutto in quegli anni dove la malattia fa paura, ci si infetta e si muore. Lui sa di essere spacciato, viene abbandonato da tutti e ne soffre terribilmente. Tranne che da Raffaella, che è diventata la sua unica amica e confidente. Proprio lei, che era stata tradita (e che per fortuna a seguito di numerosi test e controlli risultava non contagiata), si era rivelata l’unica fonte di sostegno morale.
14 Novembre 1996. Giuliani ha 38 anni e sta accompagnando la figlia a scuola. La saluta amorevolmente e si allontana a piedi per rientrare a casa. Accusa un malore durante il percorso, ha la febbre alta, una brutta tosse e una bronchite. Si accascia a terra, viene ricoverato d’urgenza presso il reparto malattie infettive dell’Ospedale Sant’Orsola di Bologna; alle ore 21.00 muore. Al suo funerale si presentano solo gli amici dell’Arezzo. Nemmeno Maradona, quell’amico che lo aveva trascinato nel suo mondo malato; nemmeno Ferlaino che lo aveva chiamato per “ripulire” la squadra. Nessuno ha voluto ricordare Giuliano Giuliani. Solo la ex moglie Raffaella gli è stata vicino fino alla fine, ricordandolo anche di recente e denunciando pubblicamente la falsa morale del mondo pallonaro.