Qualche settimana fa, nei forum di appassionati di sport da combattimento girava un meme a doppio pannello: nel primo quadrante c’era la frase “come immaginano gli italiani all’estero” e a corredo la foto del celeberrimo Antonio De Curtis, il Totò Nazionale, che mangia gli spaghetti con un bel fiasco di vino sul tavolo; nel pannello inferiore invece c’era un primo piano sulla faccia da assassino seriale di Marvin Vettori che ghigna con pettorali e dorsali in espansione, accompagnata dal virgolettato “come sono davvero gli italiani all’estero“. Qui, in queste due battute, si concentra la storia e il nucleo vivo di Marvin Vettori: ribaltare le aspettative e i pregiudizi. Distruggere gli ostacoli e le convinzioni. Convincere e vincere.
Marvin Vettori è un fighter (artista marziale misto) italiano 27enne, 184 centimetri per 84 chili, nato a Mezzocorona in provincia di Trento e attualmente residente a Huntington Beach, California. È stato il più giovane italiano ad esordire nella UFC, l’organizzazione che domina il mercato delle Arti Marziali Miste. Battesimo di fuoco per il ragazzo: vince con una sottomissione, la ghigliottina, in un incontro sottoclou del famoso e memorabile UFC 202, Diaz vs McGregor atto II.
Vettori, al momento, è il combattente italiano più forte che ci sia. Lo dicono i risultati. Lo dicono i ranking. Lo dicono le circostanze. È in uno stato di grazia assoluto: cinque vittorie consecutive, 3 match negli ultimi 10 mesi. Sapete cosa significa combattere tre volte in questo lasso temporale? Vuol dire essere sempre in tensione. Niente relax, niente sgarri, solo palestra e alimentazione maniacale. In queste cinque battaglie, Marvin ha dimostrato non soltanto una resistenza mentale impressionante, ma anche una crescita sotto il profilo puramente tecnico. Se analizziamo le sue prestazioni più recenti, ossia il trittico di incontri 2020-2021, Marvin ha battuto Roberson per sottomissione, con Hermansson ha fatto valere uno striking da massacratore, e ha schienato al tappeto Holland per ben 11 volte nell’ultimo match di aprile, infrangendo il record di takedown per la sua categoria di peso. Sta diventando una macchina da guerra, Marvin, capace di fare male in ogni momento del round.
Ora Marvin ha l’occasione della vita: detronizzare Adesanya, il campione del mondo dei pesi medi. Il 12 giugno, ad UFC 263, ci sarà la resa dei conti. I due si erano già sfidati nel 2018, e Vettori perse per decisione non unanime, ossia non tutti i giudici si trovarono d’accordo sul punteggio da assegnare ai due fighter. Ma siamo nel 2021 e la musica è diversa, Vettori è pieno di adrenalina, sente di avere il potere per sconfiggere il neozelandese.
Il percorso formativo di Vettori è l’emblema dell’italiano che per trovare la propria dimensione di successo è costretto ad espatriare, proprio come fanno quei 200mila connazionali che per lavoro o studio scelgono di lasciare lo stivale tricolore. Niente tutele dallo Stato, niente meritocrazia, niente opportunità. Tocca mettere nelle valigie il necessario e provare a sfondare fuori. Marvin doveva pensarla così quando decise di trasferirsi a Londra nel 2012, a diploma concluso, per provare a crescere e fare delle MMA il centro di gravità permanente della sua vita. Nella capitale Marvin si allenava tutti i giorni, ma la notte andava a fare il buttafuori nei club. “Era dura” – dice in un’intervista a Grappling-Italia – “ma non ero mai stato così felice, quando entravo in palestra, consapevole che le prossime 2-3 ore di allenamento sarebbero state un inferno non riuscivo a togliermi il sorriso dalla bocca, perché sentivo di stare crescendo e migliorando giorno dopo giorno“. Dopo Londra, c’è l’affermazione nel circuito italiano di MMA, la Venator, dove conquista il titolo italiano in un match di fuoco contro Daniele Scatizzi. Poi, la svolta: la firma con l’UFC di Dana White, il deus ex machina della promotion, e si va oltreoceano.
Il percorso formativo di Vettori è l’emblema dell’italiano che per trovare la propria dimensione di successo è costretto ad espatriare, proprio come fanno quei 200mila connazionali che per lavoro o studio scelgono di lasciare lo stivale tricolore. Niente tutele dallo Stato, niente meritocrazia, niente opportunità.
In Italia, le MMA non godono di una buona reputazione. I puristi del pugilato le reputano una sorta di rissa senza regole. Figuriamoci poi il pubblico medio che idea ne può avere, forse associa il fighter di MMA ad un qualunque bullo di quartiere selvaggio e cane sciolto. Nell’ultimo anno, le abbiamo viste assurgere a capro espiatorio per spiegare fatti di cronaca nera italiana come l’omicidio di Willy Monteiro a Colleferro, o altre risse sparse. Le MMA in Italia hanno anche difficoltà ad esser riconosciute dal CONI. Esiste una federazione, la FIGMMA (Federazione Italiana Grappling e Mixed Martial Arts), ma non è sotto tutela di interesse nazionale da parte del CONI. È invece un’affiliata alla riconosciuta FIJLKAM (Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali). Ciò significa poco spazio sui media e contributi economici scarni. Eppure, nel mondo le MMA sono lo sport da combattimento che nell’ultimo decennio ha segnato la crescita più esponenziale, trainata da personaggi come McGregor e Khabib Nurmagomedov.
Sono gli stereotipi sull’ipotetica violenza deregolamentata che bloccano la crescita delle MMA in Italia, e questa mentalità non è lontana dagli stessi pregiudizi che accompagnano gli italiani all’estero: italiani = spaghetti mafia Berlusconi bunga bunga. Etichettati così dalle nazioni ospitanti, come macchiette designate a interpretare questo ruolo a metà tra l’uomo in canotta chiazzata di sugo e crocifisso al collo, e il cattivo mafioso pronto a fregarti in ogni momento.
In Italia, le MMA non godono di una buona reputazione. I puristi del pugilato le reputano una sorta di rissa senza regole. Figuriamoci poi il pubblico medio che idea ne può avere, forse associa il fighter di MMA ad un qualunque bullo di quartiere selvaggio e cane sciolto. Nell’ultimo anno, le abbiamo viste assurgere a capro espiatorio per spiegare fatti di cronaca nera italiana come l’omicidio di Willy Monteiro a Colleferro, o altre risse sparse.
Marvin Vettori vuole spezzare e fare una bella rear naked choke a questi stereotipi. Vuole dimostrare che no, gli italiani non sono divertimento, cibo, pigrizia. Che no, le MMA non sono uno sport per violenti disadattati. La bellezza del percorso di Vettori è che è costellato dall’ossessione di vincere. Nella sua bio di Instagram ha una frase d’apertura tagliente e precisa: “I will be the first italian UFC champion of the world“. In ogni intervista, commento, riflessione, Marvin sottolinea il suo obiettivo di conquistare la cintura. Non ha scrupoli, se deve accettare un combattimento con una sola settimana di preavviso (come quello con Hermansson), lo fa. Se deve massacrarsi di lavoro in palestra, lo fa. Se deve tagliare il peso, lo fa. Assomiglia a quei personaggi come Rust Cohle di True Detective, divorati da un pensiero fisso, incapaci di vivere se non facendo quello per cui si sentono predestinati.
Non si può prevedere il futuro, ma al match del 12 giugno Adesanya farebbe bene ad arrivarci preparato nel migliore dei modi, perché The Italian Dream Marvin Vettori non gli darà un secondo di tregua. È il suo momento, è il turno di Vettori, e si prenderà tutto quello che può prendere.