Il 26 gennaio Alejandro Gómez, per tutti il Papu, è passato a titolo definitivo al Siviglia, esordendo appena una settimana dopo nei vittoriosi quarti di finale di Coppa di Spagna e ricevendo un importante segnale di fiducia da parte della società, che l’ha immediatamente inserito nella lista UEFA preferendolo a Franco Vazquez. Potrà così ripartire dalla preziosa cornice degli ottavi di finale di Champions League il 17 febbraio, contro il Borussia Dortmund. In più, con un Siviglia quarto in Liga appena a ridosso di Barca e Real, si tratta per il Papu di un passo del tutto coerente con la scalata della sua carriera, che lo vede di fatto in crescita costante, a partire dai primissimi anni argentini all’Arsenal Sarandí.
Posto così il racconto sembrerebbe quasi uno scenario sereno e in fondo naturale, un passaggio come tanti se ne vedono nel panorama calcistico. Ma Alejandro Gómez lascia l’Atalanta sul più bello, in prossimità della vetta di una montagna che aveva scalato come capogruppo, occupandosi di trascinare – quando serviva – i compagni scalatori più in difficoltà. Se ne va invece con il marchio dell’emarginato, l’escluso; anzi, “l’inadatto“, per seguire il corso di uno degli ultimi interventi di Gian Piero Gasperini a lui dedicati, prima dell’inevitabile sfilza di “no comment”:
Abbiamo vissuto grandi momenti anche con lui, la sua esclusione è dettata dal fatto che avevo bisogno di trovare un altro tipo di squadra, perché stavamo soffrendo. È stato solo un motivo tecnico, dato che il centrocampo soffriva e volevo aiutare più De Roon e Freuler. Una cosa che abbiamo sempre fatto, ma a un certo punto però non è stata più accettata. Lui non si è adattato
Il Papu non si è adattato a un cambiamento, a una semplice rimodulazione dell’assetto tattico. Sanno quasi di sentenza queste frasi di Gasperini, anche in considerazione della fiducia incondizionata che il mister riceve dalla società, a partire dal patron Antonio Percassi, che pur non citando direttamente la controversia lancia un inequivocabile messaggio per chiarire da che parte sta:
Gasperini? A vita. E non solo lui. Anche tutta la struttura, questo metodo di lavoro e organizzazione ci sta dando incredibili traguardi, questo è il modello che non verrà cambiato e frutto dell’ottimo lavoro di mio figlio
A vita Gasperini, non il Papu. Di sicuro una variante più assennata e probabile se ci si pensa, considerando la carriera relativamente corta dei calciatori e ben più lunga degli allenatori. Eppure, quei 7 anni di filata leadership e capacità di evolversi insieme alla squadra avevano fatto del Papu il candidato ideale alla locuzione calcisticamente rara “per sempre”. Basti pensare a quel 21 ottobre del 2020, nel trionfale 4-0 rifilato in Champions ai danesi del Midtjylland: Duvan Zapata gli passa il pallone al limite dell’area e lui, di prima, lascia partire una sassata che supera i 100km/h e si insacca alla destra dell’incolpevole portiere avversario. Lo fa con spontaneità e naturalezza che quasi sconvolgono se non si riconduce il gesto alla macchina perfetta che è diventata – e che, va chiarito, tuttora resta – l’Atalanta. Il Papu lascia andare la gamba con rilassatezza, guarda il pallone finire in porta con l’espressione di chi se l’aspetta, di chi sa che la costellazione di passaggi e schemi appena diligentemente terminata non può che concludersi così.
È questo forse il punto più alto dell’inscindibile binomio Papu-Atalanta, in grado di crescere insieme per 7 lunghi anni prima di separarsi: dall’11esimo posto del 2014 al quarto del 2017, con l’Europa League ritrovata, poi il terzo posto del 2019 e del 2020, con due anni di fila in Champions, sfidando (e spesso battendo) le grandi d’Europa. Una squadra registrata, istituzionalizzata, che si diverte in campo e regala spezzoni di calcio a tratti più belli dei vari PSG, Real, Bayern o Barca. È una caratteristica rara, quest’ultima; la più cavalcata dallo stesso Gomez e paradossalmente la stessa che ne ha decretato la sua partenza: l’Atalanta è una squadra in cui “il totale è maggiore della somma delle sue singole parti”, come ben ricorda Flavio Fusi. Ecco quindi che la “singola parte” Alejandro Gómez si allena da solo, prova anche a ribadire le sue scuse alla società, in seguito a quella che alcuni giornalisti hanno persino raccontato con i tratti di una vera e propria rissa, non solo verbale, sull’asse Papu-Gasperini.
Ma ormai non si tratta più del valore, di per sé indiscutibile, del giocatore; si tratta di un meccanismo che s’è inceppato e che rischierebbe solo di appesantire e complicare il lavoro degli altri. Lo sanno in fondo anche gli stessi fedelissimi tifosi, che però a quella rottura non vogliono dedicarci neanche una parola. E proprio mentre Gómez firma col Siviglia, gli dedicano uno striscione esterno allo stadio che riassume in 8 parole la sua avventura alla Dea:
7 lunghi campionati. Belli, intensi ed onorati. Grazie Papu