Sempre più spesso ci si trova a riflettere sul ruolo delle donne nello sport e, pur concedendo il beneficio del dubbio, non si può negare che il mondo femminile abbia, ancora oggi, un ruolo marginale e secondario. Per prima cosa, basta osservare le abitudini degli appassionati degli sport più svariati per accorgersi che le categorie femminili ricevono un’attenzione nettamente minore rispetto alle loro corrispettive maschili; inoltre, è opinione comune che ci siano degli sport “adatti alle donne”, come la ginnastica, il nuoto sincronizzato, il pattinaggio artistico, e altri che invece sono “da uomini”. Tra questi ultimi è annoverabile uno sport di endurance come il ciclismo. Ma è il caso di riflettere su cosa abbia generato questa differenza di valutazioni.
Le cause sono molteplici. Storicamente parlando, lo sport per le donne è arrivato molto più tardi che per gli uomini, in particolare quando si parla di sport di endurance che, fino a pochi decenni fa, erano considerato sconveniente per il genere femminile. Da ciò, poiché l’amore per lo sport nasce spesso dall’imitazione, è derivato il fatto che le bambine non avessero molte figure femminili a cui ispirarsi per la pratica di uno sport come il ciclismo che, di conseguenza, è rimasto a lungo dominato dagli uomini. Un’altra problematica è quella relativa al numero di sponsor nell’allestimento di gare agonistiche o amatoriali per sole donne e nella presenza limitata di donne ai vertici delle federazioni sportive e dei ministeri dedicati.
Quindi, anche nel mondo sportivo, l’inclusività sembra essere ben lontana dal diventare un dato di fatto e, nonostante oggi molte donne gareggino e conquistino importanti titoli internazionali, il loro contributo rimane in ombra rispetto a quello dei colleghi maschi. Anche le narrazioni contribuiscono a questa discriminazione: le campionesse sono sempre raccontate come rivoluzionarie, personaggi fuori dall’ordinario, mamme o mogli di e così via. Dal canto loro, sono molti gli sportivi che considerano limitate le capacità sportive delle colleghe, salvo stupirsi quando queste ultime raggiungono record straordinari. Tuttavia, la situazione si sta evolvendo, forse troppo lentamente, ma comunque in modo consistente.
Alcune aziende hanno cominciato a riconoscere il potenziale delle donne, anche in quegli sport un tempo considerati dominio del mondo maschile, e, sempre più spesso, progettano e mettono sul mercato prodotti e linee appositamente studiati per la fisicità e le esigenze delle atlete. Il brand Liv è l’unico creato appositamente per rispondere alle richieste del ciclismo al femminile, fornendo bici, abbigliamento e accessori studiati per le donne di tutto il mondo. Ma Liv fa molto di più. Infatti, l’azienda è stata fondata nel 2008 da Bonnie Tu di Giant Bicycle che, per prima, si è resa conto, della mancanza sul mercato di prodotti studiati esclusivamente per le donne e ha voluto dare avvio al cambiamento con un brand tutto al femminile.
Liv oggi si impegna anche a promuovere e creare nuove opportunità per le donne cicliste, creando eventi e offrendo partnership e sponsor alle atlete emergenti e agoniste in vista di un futuro più inclusivo per lo sport sulle due ruote. Inoltre, Liv si impegna a promuovere iniziative in cui le atlete possono instaurare rapporti e relazioni, confrontarsi e trovare ispirazione le une nelle altre.
Tra le ultime uscite del brand c’è la nuova Intrigue X E+, la mountain bike elettrica studiata per percorsi intensi e lunghi. Le sospensioni sono appositamente studiate per le donne, il motore SyncDrive la rende ancora più potente ed è possibile montare anche una batteria supplementare.
Ma non finisce qui. Quando si parla di ciclismo off-road, gli imprevisti sono dietro l’angolo: il Levera 13 è stato progettato da Liv pensando ad un coltellino svizzero, ideale per piccole riparazioni durante il percorso, e il Control Miniroad+ consentirà alle atlete di tenere sotto controllo le condizioni delle gomme. Liv è sicuramente un importante punto di partenza nel cammino verso l’emancipazione effettiva delle donne anche nel mondo dello sport, ma siamo ancora ben lontani da risultati importanti ed effettivi.
Le atlete sono sempre più numerose e le loro performance da record dovrebbero far riflettere anche i conservatori più scettici sul fatto che, soltanto quando l’inclusività vera entrerà a farne parte, lo sport sarà davvero un mondo di unione.