Un bravo ragazzo. Forse è tutto qui il senso della vita di Emanuel David Ginóbili Maccari, da sempre conosciuto semplicemente come “Manu” Ginobili, che fin da ragazzino ha consegnato la sua vita al servizio del basket. È cresciuto sul parquet con in mano una palla arancione a spicchi e per 30 anni ha corso da un canestro all’altro, instancabile, come solo chi ha il fuoco della passione dentro sa fare. Si è ritirato a 41 anni, con il sacro fuoco del basket che ancora brucia, ma si sa che il tempo corre più veloce di quanto possa fare qualunque sportivo.
Dalle giovanili al viaggio italiano
Manu Ginobili ha l’Italia nel suo DNA, il tricolore è da sempre inciso nel suo destino. È nato in Argentina ma la sua famiglia ha chiare origini italiane, precisamente marchigiane, da qui la sua doppia cittadinanza. Il basket ha sempre fatto parte della sua famiglia, dove anche il padre e i fratelli maggiori hanno questa passione. La sua non è un’altezza straordinaria, alla fine della crescita non arriverà ai 2 metri, ma la sua straordinaria capacità di tiro e di movimento, la visione di gioco e le doti tattiche ne fanno una guardia straordinaria, di quelle che mangiano il campo con il palleggio. Gioca, giovanissimo, i primi due anni da professionista in Argentina ma le vicissitudini lo portano in Italia, la terra delle sue radici, precisamente in Calabria. Con la Viola di Reggio gioca una prima stagione in seconda divisione centrando la promozione in serie A e già dal primo anno attira a sé gli sguardi dei talent NBA. Non è alto Manu, non è uno da canestri spettacolari ma come gioca lui la palla, nessuno mai. Nel 1999 è la 57esima scelta dei San Antonio Spurs in uno dei più clamorosi casi di draft steal di sempre e è stata forse questa una delle sue fortune più grandi. Manu non vola negli States ma continua a giocare in Italia, cambiando solo casacca per vestire quella della Virtus Bologna. Se fino a quel momento di lui si intravedevano grandi possibilità, con l’arrivo a Bologna Ginobili fa letteralmente esplodere il suo talento. Diventa l’arma indistruttibile di una squadra imbattibile, che nella stagione 2000/2001 vince tutto: Campionato Italiano, Coppa Italia ed Eurolega, compiendo il mitologico Grande Slam. Ginobili ha inciso fortemente in questa cavalcata al successo di Bologna e le sue prestazioni a livello europeo sono state esaltanti, tanto che per quell’anno è stato uno dei giocatori migliori del Vecchio Continente. Una supernova era pronta a prendere il volo.
L’arrivo in NBA alla corte di Gregg Popovich
L’argentino, per metà italiano, come un novello Cristoforo Colombo nel 2002 sbarca negli Stati Uniti per conquistare i cuori dei tifosi dei San Antonio Spurs, compagine granitica che incarna alla perfezione i tratti caratteriali di Ginobili. Come tutte le grandi favole che si rispettino, anche quella di Manu Ginobili a San Antonio non inizia nel migliore dei modi. Problemi fisici e una iniziale difficoltà di ambientazione in un contesto come quello dell’NBA complicano il suo debutto nel gotha del basket mondiale. I sistemi di Popovich non sono di immediata comprensione e assimilazione per il giovane argentino, che nonostante l’iniziale tentennamento riesce a ingranare, giocando una stagione in continuo crescendo, tanto che durante i Play-off si dimostra ancora una volta una pedina vincente per il suo allenatore. Gioca la sua miglior gara della stagione nella finale di Division Series contro Dallas Maverick, gara che regala a San Antonio l’accesso alle finali per il titolo, dove la formazione del Pop sconfigge i New York Nets, permettendo a Ginobili di conquistare il primo anello NBA al suo primo anno. Non è uomo da quintetto ma è il sesto uomo di cui nessun allenatore vorrebbe mai privarsi.
È nata una stella, the best is yet to come
Una stagione straordinaria per Manu Ginobili quella del suo debutto tra gli dèi del basket, ma è stata la 2004/2005 la vera stagione della consacrazione. Conquista un posto al sole nel quintetto di Popovich e riceve anche la sua prima chiamata per l’All Star Game NBA, oltre che vincere il secondo anello per la conquista del titolo di stagione con San Antonio Spurs. Rischia di vincere anche il titolo di MVP, che però per quell’anno va al suo compagno di squadra Tim Duncan. Il terzo titolo arriva nel 2007 per Ginobili, anche se da sesto uomo, il miglior sixth man di tutta l’NBA, premio che conquisterà nel 2008 per la sua miglior stagione. Insieme a Tony Parker e a Tim Duncan è parte del Big Three, il terzetto di campioni più vincente e spettacolare di tutta l’NBA: con loro tre in campo, San Antonio Spurs volava sul parquet.
Le stagioni buie e la rinascita
Duncan, Parker e Ginobili hanno abbondantemente superato i trent’anni, soprattutto Duncan, tanto che qualcuno già parla di chiusura di carriera per l’argentino, che sembra non aver più lo smalto di un tempo. Nel 2010 Ginobili rientra nel quintetto base e San Antonio conquista il record della Lega, ma non passa nemmeno al primo turno dei play off. Sono anni tra alti e bassi per San Antonio, ma Ginobili ha la testa molto dura e sa buttare il cuore oltre qualsiasi ostacolo, oltre qualunque difficoltà, perché non c’è nulla che l’Houdini del parquet non possa fare. Infatti, il 2014 è l’anno del miracolo per la formazione di San Antonio. Con Ginobili, Duncan e Parker ancora in campo, più vicini ai 40 che non ai 30, gli Spurs conquistano il loro quinto titolo in 15 anni, supportati anche dalle energie fresche del giovane Leonard. In finale, Ginobili e i compagni hanno dovuto sfidare nuovamente Miami, la formazione in cui da qualche anno splende la stella di LeBron James, ma davanti al Big Three il giovane campione ha dovuto inchinarsi, porgendo gli onori.
Per San Antonio Spurs, Manu Ginobili è stato quello che Michael Jordan è stato per i Chicago Bulls, quel che Larry Birds è stato per i Boston Celtics. Una bandiera, un simbolo, un eroe in campo. Quando ha annunciato il suo ritiro, il 28 agosto 2018 alla veneranda età di 41 anni, San Antonio ha visto scendere dal piedistallo il suo imperatore e ha dedicato a lui i massimi onori. Adesso, Manu Ginobili ha solo un’ultima promessa da mantenere, fatta in un video di qualche anno fa, e a Reggio Calabria sono pronti ad accoglierlo con le porte spalancate per un ritorno che sa di casa, che profuma di lieto fine.