sampdoria retrocessione

Sampdoria: dal decennio d’oro alla crisi

C’è stato un tempo, tra la metà degli anni Ottanta e i primi Novanta, in cui la Sampdoria era semplicemente una delle squadre più forti e affascinanti d’Europa. Non era solo per i risultati – anche se sette trofei, uno Scudetto storico nel 1991 e due finali europee (Coppa delle Coppe nel 1989, Coppa dei Campioni nel 1992) parlano da soli – ma per il modo in cui quella squadra giocava e faceva sognare.

Il merito fu, prima di tutto, di Paolo Mantovani, presidente visionario e appassionato, che seppe costruire un piccolo miracolo sportivo a Genova. Intorno a lui, una squadra indimenticabile: in panchina il geniale e ironico Vujadin Boškov, in campo gente del calibro di Gianluca Pagliuca, Pietro Vierchowod, Attilio Lombardo, Toninho Cerezo. E soprattutto loro, Roberto Mancini e Gianluca Vialli, i “gemelli del gol”, simboli perfetti di un calcio fatto di tecnica, intelligenza e complicità.

La Sampdoria non era soltanto una squadra di calcio: era un fenomeno culturale, un modo di intendere lo sport. Un club orgogliosamente popolare, figlio del cuore pulsante di Genova, capace di far innamorare anche chi tifoso blucerchiato non lo era mai stato. Un’epopea romantica, che lasciò un segno profondo nella storia del calcio italiano.

La lunga discesa: da Mantovani a Ferrero, il lento sgretolarsi di un sogno

Ma ogni favola, prima o poi, finisce. E per la Sampdoria, il momento in cui tutto iniziò a incrinarsi fu nell’ottobre del 1993, con la morte improvvisa di Mantovani. Da lì in poi, pur con qualche lampo, il club non fu più lo stesso. Mancini e Vialli lasciarono, la squadra perse pezzi, e pian piano anche la competitività. Nel 1999, dopo 17 anni consecutivi in Serie A, arrivò la retrocessione. Un colpo durissimo per i tifosi, che solo nel 2003 poterono festeggiare il ritorno nella massima serie grazie alla nuova proprietà della famiglia Garrone.

Gli anni Duemila furono un’altalena: qualche stagione da ricordare – come quella del 2010, con la Samp che sfiorò la qualificazione in Champions League – e tante altre da dimenticare. Le difficoltà economiche non mancavano mai, anche se la gestione di Riccardo Garrone cercava di mantenere equilibrio. Ma quando, nel 2014, il club passò nelle mani di Massimo Ferrero, la situazione cambiò radicalmente.

Ferrero, personaggio esuberante e mediatico, portò inizialmente entusiasmo e qualche buon risultato (come il settimo posto nel 2015). Ma dietro le quinte, i conti non tornavano. Anno dopo anno, tra cessioni dolorose e investimenti discutibili, le crepe si allargarono. Finché, nel dicembre 2021, tutto crollò: Ferrero fu arrestato con l’accusa di bancarotta fraudolenta per vicende legate ad aziende esterne al club. Ma l’onda d’urto travolse anche la Sampdoria, che si ritrovò nel caos.

La presidenza fu affidata provvisoriamente all’ex bandiera Marco Lanna, ma le casse erano praticamente vuote. Tra il 2022 e l’inizio del 2023, la situazione precipitò: stipendi non pagati, trattative di vendita che non si concretizzavano, e l’incubo sempre più vicino del fallimento. La squadra, intanto, arrancava in campo, ultima in classifica in Serie A, senza più una direzione né dentro né fuori dal campo. C’era chi temeva davvero il peggio: che la Sampdoria potesse sparire, finire fuori dal calcio professionistico.

Un club glorioso ridotto a un passo dalla fine. Un incubo che nessun tifoso blucerchiato avrebbe mai voluto vivere.

La salvezza in extremis: l’arrivo di Manfredi e Radrizzani nel 2023

Nella primavera del 2023, con la Sampdoria ormai retrocessa matematicamente in Serie B e con le finanze in pezzi, sembrava davvero che il sipario stesse per calare. Il club era a un passo dal fallimento, sommerso dai debiti e senza più una guida solida. Poi, all’ultimo respiro, ecco la svolta: si fece avanti una cordata guidata da Matteo Manfredi, imprenditore finanziario a capo del fondo Gestio Capital, affiancato da Andrea Radrizzani, già noto per la sua esperienza alla guida del Leeds United.

Fu un’operazione lampo. In poche settimane, i due riuscirono ad acquisire la società, ristrutturarne il debito e versare i capitali necessari per salvare la Sampdoria dal baratro. Grazie a quel blitz, il club riuscì a iscriversi in extremis al campionato di Serie B 2023-2024, scongiurando una fine che appariva ormai inevitabile.

Con l’addio di Ferrero – ancora alle prese con le sue vicende giudiziarie – si chiudeva un’era e se ne apriva un’altra, piena di incognite ma anche di speranze. Manfredi si prese la presidenza, mentre Radrizzani – forte anche della vendita del Leeds – rimase come azionista di peso dietro le quinte.

Il piano era ambizioso, ma la realtà si sarebbe rivelata subito più dura del previsto. Per guidare il nuovo progetto, la dirigenza scelse Andrea Pirlo, nome altisonante e carico di fascino: ex campione del mondo, un’icona del calcio italiano, anche se con alle spalle solo una breve (e poco brillante) parentesi alla Juventus. Una scommessa, insomma. E come tutte le scommesse, non andò bene. L’avventura di Pirlo sulla panchina doriana fu breve e amara. I risultati non arrivavano: dopo poche giornate, con solo un punto conquistato e un’uscita dalla Coppa Italia contro la Salernitana, la società decise di cambiare. Era metà settembre quando fu chiamato Andrea Sottil, reduce da una discreta stagione all’Udinese, con il difficile compito di dare una scossa a una squadra confusa e demoralizzata.

All’inizio fu una Sampdoria a corrente alternata. I risultati stentavano ad arrivare, la classifica restava preoccupante e, a dicembre, arrivò un pesantissimo 0-5 in Coppa Italia contro il Sassuolo. La tensione cresceva, il pubblico mugugnava, e in società si iniziava a parlare – di nuovo – di un possibile cambio in panchina.

Ma alla fine Sottil venne confermato. E nel girone di ritorno, quasi inaspettatamente, la squadra cambiò volto. A primavera la Sampdoria trovò una sua identità e infilò otto risultati utili consecutivi, scalando la classifica e agguantando, proprio all’ultima curva, la zona play-off. Settimo posto finale, con 55 punti (nonostante una penalizzazione di due), e la sensazione che forse – finalmente – si fosse voltato pagina.

Ai play-off, però, il sogno durò poco. Nel turno preliminare, al Barbera, il Palermo si rivelò più forte, più pronto, più cinico. Un secco 2-0 firmato Diakité mandò in fumo le speranze blucerchiate. La Samp rimase in Serie B. E il progetto di rinascita, già così fragile, dovette rimettersi in discussione ancora una volta.

Un club in bilico: la stagione 2024-25 e l’incubo della Serie C

Dopo il mancato ritorno in Serie A, la stagione 2024-25 avrebbe dovuto rappresentare un nuovo inizio per la Sampdoria. E invece, è diventata presto un incubo. La conferma in panchina di Andrea Sottil, arrivata sull’onda di un finale di campionato tutto sommato dignitoso, si è rivelata una scelta poco felice: l’avvio di stagione è stato disastroso e, già a dicembre, la dirigenza ha deciso per un nuovo cambio. Al suo posto è arrivato Leonardo Semplici, uno che di “missioni impossibili” se ne intende, avendo già salvato squadre come SPAL e Cagliari.

Il suo arrivo è stato accolto con toni prudenti: si è parlato apertamente degli errori estivi, della rosa incompleta, di una squadra costruita male. Ma il tempo, ormai, era un lusso che la Samp non poteva più permettersi. Quando Semplici si è seduto in panchina, la Sampdoria galleggiava appena sopra la zona retrocessione. C’era ancora un pizzico di fiducia, la speranza di raddrizzare la barca e risalire verso la zona playoff. Ma quella fiammella si è spenta presto.

Le settimane successive hanno restituito una realtà ben più amara: la squadra ha continuato a stentare, incapace di trovare continuità. Le vittorie sono arrivate col contagocce, e il mercato di gennaio non ha portato soluzioni sufficienti. A inizio aprile, dopo 31 giornate, la Sampdoria è terzultima in classifica, in piena zona retrocessione diretta. Solo 32 punti raccolti, frutto di sette vittorie in tutto il campionato. Alle sue spalle incalzano Salernitana e Cosenza, mentre davanti la zona salvezza dista appena qualche passo… ma ogni partita pesa come un macigno.

Le ultime uscite hanno peggiorato ulteriormente il morale. Un pesante 0-3 interno contro il Frosinone ha sollevato nuove nubi, e la posizione di Semplici è tornata in discussione. Si è persino vociferato di un nuovo cambio tecnico: i nomi che circolano sono quelli di Beppe Iachini, Aurelio Andreazzoli, e persino un clamoroso ritorno di Pirlo. Alla fine, però, il presidente Manfredi ha deciso di congelare tutto: Semplici resta, almeno fino alla prossima partita contro lo Spezia. Ma l’atmosfera è quella di un club appeso a un filo, dove ogni giornata è una roulette russa.

Tifoseria e identità: il dramma sportivo di una città

Tutta questa instabilità ha avuto un effetto profondo su Genova e sul popolo blucerchiato. Da sempre, la città vive il calcio con passione viscerale, divisa tra il rosso e il blu del Genoa e il blucerchiato. Ma negli ultimi anni, per i tifosi della Sampdoria, è stato un calvario.

Già durante l’era Ferrero si erano viste proteste accese, con cori, striscioni e contestazioni sotto le sedi del club e degli ex proprietari. Uno degli episodi più forti fu la protesta del 3 maggio 2023: prima della partita contro il Torino, i tifosi intonarono cori contro Ferrero, e i giocatori, in segno di solidarietà, si unirono a loro. Un momento raro e simbolico, che raccontava meglio di mille parole quanto fosse profondo il disagio.

Ma c’è stato anche chi ha superato il limite. Episodi scioccanti come l’invio di una testa di maiale alla sede del club, o proiettili e minacce recapitate a dirigenti e proprietà, hanno segnato un punto di non ritorno. Momenti che nulla hanno a che fare con la passione sportiva, e che raccontano invece una tensione sociale fuori controllo.

Eppure, accanto a questi eccessi, c’è anche una comunità che continua ad amare, a sostenere, a crederci. I tifosi della Samp non hanno mai smesso di riempire il Ferraris, anche nei giorni peggiori. Nella stagione della retrocessione, hanno tributato omaggi commossi a Vialli e Mantovani, dimostrando quanto profondo sia il legame tra questa maglia e la sua gente.

Anche il derby della Lanterna, pur giocato in Serie B, è stato vissuto come un evento da Serie A: stadio pieno, tensione alle stelle, emozione pura. Perché la Sampdoria, per chi la tifa, non è solo una squadra. È un’identità, un modo di vivere, un pezzo di cuore. I suoi colori – quel blu, con le bande bianca, rossa e nera – sono un simbolo, così come l’inno cantato in dialetto genovese. Vederla oggi a un passo dalla Serie C fa male. Ma al tempo stesso rafforza l’orgoglio di appartenere a qualcosa che va oltre la categoria.

Quale futuro?

Il futuro è un enorme punto interrogativo. Nel breve termine, c’è un solo obiettivo: salvarsi. Restare in Serie B è vitale, non solo dal punto di vista sportivo, ma soprattutto economico. Una caduta nella Lega Pro – un mondo semi-professionistico fatto di stadi vuoti e incassi minimi – rischierebbe di affossare del tutto una società già fragile. La nuova proprietà ha già investito molto per tenere il club in piedi, ma ha bisogno di tempo per ricostruire basi solide.

La piazza chiede serietà e progettualità. Non vuole più presidenti showman né miracoli dell’ultimo minuto. Vuole una visione. E forse, per ripartire davvero, la Sampdoria dovrà ispirarsi a chi ha già vissuto esperienze simili: Napoli e Fiorentina, rifondate dal nulla e poi risalite fino ai vertici. Serve coraggio, competenza, e magari anche un po’ di simboli forti: il sogno, non troppo nascosto, è quello di rivedere Roberto Mancini in un ruolo societario. Per tanti, sarebbe come chiudere il cerchio e riaccendere la speranza.

Lo scenario peggiore – e purtroppo non irrealistico – è quello di un collasso definitivo: nuovi problemi finanziari, l’ennesimo cambio di proprietà, o addirittura la scomparsa dai campionati professionistici. Per evitarlo, serve agire ora. Servono decisioni giuste, fatte con lucidità e amore per la maglia.

In tutto questo, l’unica certezza è il tifo. Il cuore blucerchiato batte ancora forte, anche sotto la pioggia, anche nei campi peggiori, anche quando tutto sembra perduto. Una volta, Paolo Mantovani disse: “Finché i tifosi della Sampdoria canteranno, non ci saranno problemi per il futuro“. Oggi quelle parole suonano come una preghiera, ma anche come una promessa.

La Sampdoria è ferita, ma non è finita. E finché ci sarà qualcuno sugli spalti a cantare, a piangere, a stringere quella sciarpa, il sogno di tornare grandi non morirà mai.

About

Zeta è il nostro modo di stare al mondo. Un magazine di sport e cultura; storie e approfondimenti per scoprire cosa si cela dietro le quinte del nostro tempo,