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La NBA parla cinese: ecco come i campioni comprano fan e voti All-Star a colpi di social

Jalen Brunson, stella dei New York Knicks, ha scoperto quanto possa essere potente il richiamo della Cina nel 2018, quando da rookie dei Dallas Mavericks volò per una breve tournée di preseason a Shanghai e Shenzhen. Lì ha visto con i propri occhi cosa significa giocare in quello che oggi è considerato il più grande mercato internazionale della NBA, con oltre 300 milioni di fan e un ecosistema digitale completamente separato da quello occidentale.

Nel 2024, i suoi agenti alla Creative Artists Agency hanno ingaggiato la East Goes Global, un’agenzia digitale specializzata nel creare e gestire la presenza social delle celebrità statunitensi in Cina. In pochi mesi, Brunson ha aperto account su piattaforme come Weibo, Douyin, Bilibili, Xiaohongshu e WeChat, accumulando oltre 400.000 follower. In un Paese dove Instagram, X (ex Twitter) e YouTube sono bloccati, è l’unico modo per raggiungere milioni di utenti cinesi. Ma è anche una mossa che va ben oltre la visibilità: è strategia commerciale.

Fondata nel 2018 da Andrew Spalter, East Goes Global non è l’unica realtà a muoversi in questo spazio. Ex giornalisti come Coral Lu (che gestisce i profili cinesi di Kawhi Leonard e Paul George) e agenzie strutturate come Mailman (di proprietà IMG) gestiscono decine di account per diversi giocatori NBA. È un business in crescita, che affonda le sue radici nell’intersezione tra sport, cultura e commercio. La NBA continua a essere una delle leghe più popolari in Cina: oltre 800 milioni di utenti cinesi hanno guardato contenuti NBA nel 2023, secondo Tencent Sports. E secondo le stime, la Cina rappresenta circa il 10% del fatturato globale della lega, che lo scorso anno ha superato i 10 miliardi di dollari.

Entrare nei social cinesi, però, non significa semplicemente tradurre i post di Instagram. Le piattaforme locali hanno un linguaggio, un’estetica e delle aspettative proprie. Michael Lin, vicepresidente del settore digitale di Mailman, spiega che “i contenuti performano solo quando parlano davvero la lingua della cultura locale“. Per questo, Brunson ha lavorato fianco a fianco con East Goes Global per realizzare video esclusivi, come una maratona per il Capodanno lunare in cui assaggiava snack cinesi e scriveva il suo nome in mandarino. Risultato: migliaia di commenti entusiasti e un engagement superiore a quello dei suoi profili americani.

E non si tratta solo di visibilità. James Harden, ad esempio, ha venduto 10.000 bottiglie di vino in cinque secondi durante una diretta su Douyin. Altri giocatori hanno firmato contratti milionari con brand cinesi come ANTA, Li-Ning o Peak. Alcuni hanno partecipato a tour promozionali che toccano una dozzina di città, con fan in delirio, dirette streaming da milioni di visualizzazioni e merchandising da sogno. In un mercato dove lo sport è sempre più legato al consumo, la popolarità digitale si trasforma direttamente in denaro.

Ma c’è un altro motivo che spinge i giocatori a investire in Cina: il voto dei fan per l’All-Star Game. Lo ha dimostrato Tyrese Haliburton, giovane playmaker degli Indiana Pacers, che ha cavalcato l’onda del sostegno cinese sui social per diventare titolare a sorpresa nell’edizione 2024 dell’evento. Il suo esempio non è passato inosservato: Brunson, infatti, ha lanciato una “campagna All-Star” mirata proprio in Cina. Nonostante sia arrivato terzo tra le guardie della Eastern Conference nelle votazioni dei tifosi, è comunque stato selezionato grazie al sistema di voto ponderato della lega. A febbraio ha dichiarato di essere profondamente grato ai suoi fan cinesi, e qualche giorno dopo ha pubblicato un video di ringraziamento su Bilibili, in cinese, con immagini dietro le quinte del suo viaggio a San Francisco dove si è svolta l’esibizione.

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Tyrese Haliburton degli Indiana Pacers ha attribuito il merito della sua scelta come titolare per l’NBA All-Star Game del 2024 al suo seguito sui social media in Cina.Credito | Trevor Ruszkowski/Imagn Images, tramite Reuters

Il boom della popolarità NBA in Cina arriva dopo anni difficili: nel 2019, un tweet pro-Hong Kong di Daryl Morey, allora GM degli Houston Rockets, aveva scatenato una crisi diplomatica, con la sospensione delle partite NBA dalle tv cinesi e lo stop ai China Games. Oggi i rapporti si stanno lentamente normalizzando: sono in programma due partite di esibizione a Macao il prossimo ottobre, e l’interesse del pubblico è tornato ai livelli pre-crisi.

In un panorama sportivo sempre più globale, con giocatori NBA provenienti da oltre 40 Paesi e partite trasmesse in più di 200 nazioni, la Cina si conferma il fulcro dell’espansione internazionale. Per le stelle della lega, costruire una presenza autentica nel mercato cinese è diventato essenziale, non solo per rafforzare il proprio brand, ma anche per assicurarsi un futuro economico dopo il ritiro. E, a quanto pare, oggi basta un po’ di Douyin, un video ben girato e qualche snack locale per trasformare un buon giocatore… in un’icona globale.

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