Scott Fitzgerald roma rissa

Quer pasticciaccio brutto de Scott Fitzgerald

Roma, dicembre 1924. F. Scott Fitzgerald, autore già affermato e voce tra le più brillanti della “generazione perduta“, si trova nella capitale italiana con la moglie Zelda, al termine di un lungo viaggio che li ha riportati in Europa. Ma invece di offrire ispirazione e quiete, Roma si trasformerà presto nello scenario di uno degli episodi più traumatici della vita dello scrittore: una rissa violenta, un arresto, un pestaggio, e un silenzio durato decenni.

I Fitzgerald arrivano in città in un momento complesso. L’Anno Santo ha portato in Italia una moltitudine di pellegrini, rendendo difficile trovare un alloggio. Dopo diverse tappe, la coppia si stabilisce temporaneamente all’Hotel Quirinale, in via Nazionale. Fitzgerald, già noto per le sue osservazioni pungenti, non nasconde il suo disprezzo per la città eterna. Nei suoi appunti e scritti privati critica aspramente la cultura romana, la casa di Keats e l’atmosfera generale della città, che definisce opprimente e speculativa.

Per l’uomo d’affari romano, l’Anno Santo è quel periodo in cui conta di ricavare abbastanza profitto dai pellegrini stranieri da permettergli di riposare per altri venticinque anni“, scriverà poco dopo nel diario The High Cost of Macaroni, redatto nel 1925 ma pubblicato postumo. Una frase amara, che sembra riecheggiare ancora oggi, nel 2025, anch’esso Anno Santo, tra alloggi rincarati e turisti in massa.

Quella tra il 30 novembre e il 1° dicembre 1924 è una notte fredda e silenziosa nel centro storico di Roma. Fitzgerald, visibilmente ubriaco, si aggira nei pressi del Caffè Imperiale, un night club. Secondo il rapporto dei carabinieri, tenta ripetutamente di entrare nel locale, creando disturbo. Una pattuglia lo avvicina, e Fitzgerald viene condotto nella caserma di piazza San Lorenzo in Lucina per comportamento molesto. All’inizio pare collaborativo, ma la situazione degenera rapidamente: in un impeto d’ira, colpisce con un pugno uno degli agenti presenti. I carabinieri reagiscono con forza. Secondo i documenti ufficiali, Fitzgerald viene “travolto e abbattuto con violenza, mentre pugni e stivali si abbattano su di lui in un ritmo selvaggio e incessante“, quindi rinchiuso in una cella, ferito e stordito.

L’episodio, seppur grave, non viene riportato da alcun giornale. In quei giorni la capitale è scossa da un’altra storia: il caso del “mostro di Roma”, responsabile della morte di alcune bambine rapite. Il clima è cupo, e l’attenzione dell’opinione pubblica si concentra sul terrore diffuso più che sugli scandali personali di uno scrittore straniero. Ma qualcosa si muove nelle retrovie. Zelda Fitzgerald, avvisata della rissa, si mobilita immediatamente. Chiede aiuto al Consolato degli Stati Uniti, e il caso viene preso in carico da Vincenzo de Masellis, un avvocato italiano che si occupa delle questioni diplomatiche americane.

Il Consolato avvia subito una raccolta di informazioni. Un promemoria interno, redatto da un funzionario statunitense e conservato oggi alla Biblioteca del Congresso, riporta una versione molto più sfumata dei fatti. Non si menziona lo stato di ebbrezza di Fitzgerald né l’aggressione all’agente. La colpa viene attribuita a una lite con dei tassisti aggressivi per una questione di tariffe. Il pestaggio in caserma è citato soltanto come un maltrattamento vago: “Fitzgerald ricordava di essere stato trattato molto male“.

È evidente, leggendo i documenti, che le due parti – il governo italiano e il consolato americano – preferiscono evitare un incidente diplomatico. Da un lato, lo scrittore rischiava la prigione per aver aggredito un ufficiale italiano. Dall’altro, la polizia italiana avrebbe dovuto giustificare un uso della forza eccessivo nei confronti di un cittadino straniero. Entrambe le istituzioni sembrano trovare conveniente mettere tutto a tacere. E il silenzio, in effetti, dura. Nessuno scrive, nessuno denuncia. Nemmeno Fitzgerald, che da quella notte uscirà profondamente segnato.

A far riemergere questa storia sepolta è stata Sara Antonelli, docente di letteratura anglo-americana all’Università Roma Tre, che ha dedicato anni a una minuziosa indagine archivistica. La vicenda, racconta in un’intervista al New York Times, l’aveva sempre incuriosita:

Il fatto che in tutte le biografie continuassero a dire che ciò che si legge in Tenera è la notte fosse davvero accaduto a Fitzgerald mi sembrava sospetto.

Armata di rigore e pazienza, Antonelli ha consultato gli archivi centrali delle forze di polizia italiane, fino a scoprire una cartella rosa etichettata Arresto dello straniero Scott Fitzgerald. All’interno, cinque fogli: il rapporto dei carabinieri, i documenti della polizia nazionale, e note dettagliate sulla notte dell’arresto.

Il rapporto della polizia italiana sull’accaduto

Secondo Luca Saletti, esperto di archivi che ha assistito Antonelli nella ricerca, è plausibile che lo scontro sia degenerato anche a causa dell’incomprensione linguistica e culturale: “Né i carabinieri né Fitzgerald si capivano” – ha detto – “La situazione è sfuggita di mano, aggravata anche dal clima politico: era un periodo di crescente nazionalismo“.

Per Fitzgerald, quell’episodio fu una ferita mai rimarginata. “Era troppo violento, troppo scioccante, troppo insopportabile per entrambi“, dice Antonelli, parlando anche del trauma vissuto da Zelda. Pochi mesi dopo, nel febbraio del 1925, i due lasciarono Roma per rifugiarsi a Capri. In una lettera all’editore Maxwell Perkins, lo scrittore fu categorico: “Odiamo Roma“.

Eppure, come ogni grande autore, Fitzgerald non poté fare a meno di trasformare il dolore in racconto. Quella notte di sangue e vergogna diventa, dieci anni dopo, una delle scene più forti e memorabili di Tenera è la notte. Lì, il protagonista Dick Diver, alterato dall’alcol, litiga con dei tassisti, finisce in una stazione di polizia e viene brutalmente picchiato dagli agenti. Una trasfigurazione letteraria, certo, ma radicata in un trauma reale.

L’incidente fu per lui una fonte di vergogna profonda” – ha affermato Kirk Curnutt, studioso di Fitzgerald alla Troy University – “Ma non così profonda da impedirgli di usarlo“. Perché, come osserva lo stesso Curnutt: “Questo è ciò che fa uno scrittore: usa gli elementi della propria biografia per creare arte“.

About

Zeta è il nostro modo di stare al mondo. Un magazine di sport e cultura; storie e approfondimenti per scoprire cosa si cela dietro le quinte del nostro tempo,