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Quale futuro per l’Ucraina?

Negli ultimi mesi, la guerra in Ucraina è rimasta relativamente statica sul campo di battaglia. Le operazioni offensive russe nel Donbass hanno subito un rallentamento, con guadagni territoriali minimi ottenuti a caro prezzo in termini di vite umane ed equipaggiamenti. Al contrario, però, il panorama politico ha subito un brusco cambiamento a seguito dell’incontro del 28 febbraio alla Casa Bianca tra Donald Trump, JD Vance e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Ciò che doveva essere una cerimonia di firma per un accordo sui minerali delle terre rare si è trasformato in un duro confronto, al limite del grottesco.

L’inversione della politica statunitense e il disimpegno dall’Ucraina

Con Trump, la parola chiave è “accordo”, sebbene la sua amministrazione stia delineando un’intesa sulla guerra in Ucraina fortemente sbilanciata. Dopo l’incontro turbolento alla Casa Bianca, Vance ha confermato che l’unico accordo in discussione riguarda i minerali di terre rare, mentre qualsiasi garanzia di sicurezza – elemento cruciale secondo Zelensky – è stata esclusa dai negoziati. Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno sospeso gli aiuti militari e la cooperazione in materia di difesa con l’Ucraina. Il consigliere per la sicurezza nazionale, Mike Waltz, ha dichiarato che questa politica resterà in vigore fino a quando Kiev non avrà fissato una data per avviare colloqui di pace con Mosca.

L’Ucraina si trova ora sotto pressione su due fronti simultaneamente: da un lato la Russia, dall’altro gli Stati Uniti. Il mese scorso, sorprendentemente, Washington si è unita a Mosca nel votare contro una risoluzione non vincolante delle Nazioni Unite che condannava l’invasione russa. Putin non sembra avere fretta di negoziare, convinto che le forze russe possano resistere più a lungo di quelle ucraine e che l’Occidente finirà per perdere la pazienza prima della Russia. In questo contesto, la proposta di accordo avanzata da Trump appare particolarmente vantaggiosa per il Cremlino: il fronte di guerra si stabilizzerebbe, i guadagni territoriali della Russia verrebbero di fatto riconosciuti, l’Ucraina resterebbe esclusa dalla NATO e Mosca non sarebbe costretta a fare concessioni significative. Nel frattempo, gli Stati Uniti normalizzerebbero le relazioni con Putin e potrebbero persino revocare le sanzioni, segnando un drastico cambio di rotta nella politica estera americana. Un duro colpo per Kiev. Come ha affermato Oleksandr Merezhko, capo della Commissione Affari Esteri del parlamento ucraino:

Ci sentiamo come se fossimo stati pugnalati alle spalle da qualcuno che consideravamo nostro alleato e partner.

L’impatto sul campo di battaglia

Nonostante il drastico cambiamento di politica da parte di Washington, la sospensione delle forniture statunitensi non è così catastrofica come sarebbe stata nei primi mesi di guerra. L’Ucraina ha sviluppato una solida industria di produzione di droni, che oggi rappresentano circa il 70% delle vittime sul fronte. Oltre il 90% di questi droni è prodotto localmente, il che significa che il blocco degli aiuti americani non avrà effetti immediati sulla sua capacità di combattimento. Anche la produzione nazionale di mine e munizioni di artiglieria è aumentata, con l’Europa che si è impegnata a fornire un milione e mezzo di proiettili da 155 mm nel 2024.

Ma è la mancanza di armi a lungo raggio, come i missili ATACMS e i razzi per i sistemi HIMARS, ha rappresentare una grave minaccia per la strategia difensiva di Kiev. Senza questi sistemi, la Russia potrebbe riorganizzare le proprie linee di rifornimento e aumentare la pressione sul fronte. Ancora più preoccupante è la carenza imminente di missili per i sistemi Patriot, fondamentali per la difesa contro gli attacchi aerei russi. Se le scorte non verranno reintegrate, le città ucraine diventeranno sempre più vulnerabili ai bombardamenti.

Anche la condivisione di intelligence con gli Stati Uniti potrebbe subire un drastico ridimensionamento, influenzando la capacità dell’Ucraina di pianificare operazioni offensive e difensive. Inoltre, il sistema di comunicazione satellitare Starlink, essenziale per il coordinamento delle operazioni ucraine, è finanziato dal Pentagono. Se i pagamenti venissero sospesi, il controllo delle forze armate ucraine potrebbe essere gravemente compromesso.

Attualmente, la situazione dell’Ucraina non è ancora catastrofica, ma la guerra ha seguito una traiettoria per lo più negativa. Senza il supporto degli Stati Uniti, le difficoltà per l’esercito ucraino continueranno ad aumentare, rendendo la sua posizione sempre più precaria nel lungo periodo.

Michael Kofman, analista presso il Carnegie Endowment for International Peace.

L’Europa di fronte alla sfida

L’atteggiamento di Trump sta costringendo l’Europa a ripensare il proprio ruolo nella sicurezza del continente. Storicamente, gli alleati europei hanno guardato a Washington come guida nella risposta militare e diplomatica alla guerra in Ucraina. Ora, con il ritiro del sostegno statunitense, cresce la pressione per un’azione più decisa da parte dell’UE e della NATO.

Il presidente francese Emmanuel Macron ha ipotizzato un’estensione dell’ombrello nucleare francese per proteggere un numero maggiore di Paesi europei, delineando uno scenario che potrebbe preludere a un futuro post-NATO nel continente. Nel Regno Unito, il primo ministro Keir Starmer ha proposto di aumentare la spesa militare al 2,5% del PIL, segnando il più grande investimento in difesa del Paese dalla Guerra Fredda. Nel frattempo, la nuova coalizione di governo tedesca, eletta a febbraio, ha annunciato l’intenzione di eliminare il cosiddetto “freno al debito”, liberando centinaia di miliardi di euro da destinare alla difesa. Secondo Stefan Meister, esperto del Consiglio tedesco per le relazioni estere, “per generazioni, i politici tedeschi si sono adagiati nello status quo delle relazioni transatlantiche e, in una certa misura, sono diventati pigri. Trump ora ci sta costringendo a fare cose che pensavamo non avremmo mai fatto”.

Tuttavia, rimane il problema della dipendenza europea dalle capacità logistiche e dalla potenza aerea statunitense. Alcuni analisti sostengono che, con un impegno politico adeguato, l’Europa potrebbe schierare una forza di circa 20.000 soldati a sostegno dell’Ucraina, senza bisogno del supporto diretto degli Stati Uniti. Un’altra opzione sul tavolo è la confisca dei beni russi congelati in Europa, per un valore di oltre 200 miliardi di dollari, da destinare al finanziamento della ricostruzione ucraina. Questa mossa, più volte discussa ma mai attuata, potrebbe ora diventare una realtà concreta.

Il dilemma ucraino

Di fronte a questa nuova realtà geopolitica, l’Ucraina si trova di fronte a un dilemma esistenziale: accettare un accordo svantaggioso che le garantirebbe una tregua temporanea ma la lascerebbe senza garanzie di sicurezza, oppure continuare a combattere con il rischio di un progressivo logoramento delle sue capacità militari. La pressione interna per avviare trattative di pace è in crescita: per la prima volta dall’inizio del conflitto, la maggioranza degli ucraini si è dichiarata favorevole ai negoziati piuttosto che a una guerra a oltranza.

Oleksandr Merezhko ha posto la questione in termini ancora più diretti:

La scelta per l’Ucraina è tra sicurezza e sovranità. Ora questi due obiettivi sono diventati incompatibili.

In altre parole, Kiev dovrà decidere se cedere alle pressioni di Trump per ottenere un cessate il fuoco privo di garanzie reali o proseguire la guerra, cercando nel frattempo nuove fonti di sostegno per mantenere la propria indipendenza strategica. E con l’ombra di un’offensiva russa in primavera o estate e con una comunità internazionale ancora incerta su come rispondere, il futuro dell’Ucraina rimane appeso a un filo.

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