Il Commonwealth delle Nazioni è un’organizzazione di 54 Paesi del passato Impero Britannico (proprio per questo in tempi più remoti veniva chiamato Commonwealth Britannico) la cui fondazione risale al 1926 e la lingua usata è l’inglese. Luigi Einaudi la definì così:
Un passo gigantesco sulla via della società di nazioni uguali fu compiuto con la creazione della British Commonwealth of Nations, che male si esprime con la espressione comune di «impero inglese», quando non di un impero si tratta, ma di una società di Stati liberi, indipendenti ed uguali.
I Commonwealth Games sono la sua manifestazione sportiva a cui partecipano tutti i migliori atleti dei Paesi aderenti. Ufficialmente nacque nel 1930 (anno della prima edizione), ma una manifestazione sportiva era già stata proposta nel 1891 dal Reverendo Astley Cooper, il quale in piena epoca vittoriana sognava “un festival pan-britannico di cultura e sport“.
L’impero britannico è stato paragonato a una famiglia di nazioni: la madrepatria e la sua progenie si sono sparpagliate in tutto il mondo… è saggio mantenere l’idea dell’unità attraverso un’attenta coltivazione, per timore che il logoramento del tempo abbia effetto.
The Observer, 1930
La missione dei Giochi era all’inizio quella di valorizzare “qualità virili” come “verità, coraggio, devozione al dovere, gentilezza, altruismo e comunione“. Purtroppo valori che sottendevano un’impostazione classista e razziale, tipica dell’epoca. Alla prima edizione non erano presenti nazioni africane o asiatiche – fu invitata solo l’India, la quale, però, preferì partecipare ai Giochi dell’Estremo Oriente a Tokyo. Dovettero passare 16 anni prima che un atleta nero ne prendesse parte.
Nel 1934 i Commonwealth Games avrebbero dovuto tenersi a Johannesburg, ma furono poi assegnati a Londra dopo che il Canada aveva sollevato vivide preoccupazioni sul modo in cui i loro atleti neri sarebbero stati trattati nel Sud Africa della segregazione razziale. Durante tutto il periodo dell’Apartheid, infatti i Giochi furono boicottati diverse volte: nel 1970, 1974 e 1982, e soprattutto nel 1978, quando la Nigeria protestò con vigore contro la Nuova Zelanda, rea di giocare senza nessuna remora con il Sud Africa. Nel 1981, dopo che gli Springboks andarono in tournée in Nuova Zelanda nel 1981, la Giamaica propose con successo un nuovo Codice di condotta del Commonwealth che impediva a qualunque nazione di partecipare ai Giochi nel caso in cui avessero violato l’Accordo di Gleneagles del 1977, che negava il sostegno alle squadre e agli sport sudafricani. Nonostante ciò, dopo varie lamentele del Commonwealth Games Council inglese, l’Inghilterra riuscì comunque a prender parte ai Giochi di Edimburgo nel 1986, che 32 nazioni boicottarono per protesta.
Da allora il mondo è cambiato e i progressi sono sotto gli occhi di tutti. La Commonwealth Games Federation non ha avuto altra scelta che provare ad andare avanti, cercando di reinventare il Commonwealth stesso. Ora si parla di valori condivisi: “uguaglianza, umanità, destino“. Il sito della federazione cita persino l’ingiustizia storica dell’impero. Ma per quanto interessante, l’effetto è inevitabilmente ancora poco convincente. A Birmingham, la stampa locale continua a descriverli come i “Giochi delle piantagioni”.
Andy Toro sul The Guardian si è chiesto: “qual è il ruolo dei Giochi del Commonwealth, visti ancora come una celebrazione di valori comuni tra nazioni in passato sfruttate e delegittimate, nell’era dello scandalo Windrush, delle statue dei mercanti di schiavi abbattute, e della Giamaica che chiede al Regno Unito risarcimenti per la tratta degli schiavi? Come tutti questi eventi possono aiutare a plasmare il senso di un patriottismo non inglese, ma più ampio e legato ad una comunità di nazioni? Una volta spogliate dalle solite promesse legate alla rigenerazione urbana e alla partecipazione sportiva, che valore hanno i Giochi se non quello di essere parte di un “autentico tentativo di fare i conti con una storia non del tutto ancora affrontata”?“
A questi quesiti, nessuno è ancora riuscito a dare una risposta.
La mia idea era rendere i Giochi un incontro di famiglia. Potevamo incontrarci tutti e avere una visione chiara degli affari che ci riguardavano e una migliore comprensione dei problemi reciproci.
Reverendo Astley Cooper