Tutti siamo rimasti estasiati nel vedere la festa per il titolo del Trabzonspor, ma perché questa vittoria è così celebrata? Per comprenderlo appieno dobbiamo scoprire la storia del club, figlio di una città dove il presidente del club conta (molto) più del sindaco.
A differenza di club come il Galatasaray o il Beşiktaş, il Trabzonspor nasce come club unione di più squadre, due in particolare, l’İdmanocağı e l’İdmangücü, segnate da un’acerrima rivalità. I due nacquero rispettivamente fra il 1918 ed il 1923, diventando fin da subito i due più titolati di Trebisonda e dando vita ad un astio che molti equiparano a quello fra Galatasaray e Fenerbahçe, il più infiammato di Turchia. La differenza era segnata anche dai colori: giallorosso per l’İdmanocağı e biancoverde per l’İdmangücü, spaccando in due la città in base alla fede calcistica.
Durante l’esistenza di questi due club il clima si fece tanto turbolento che furono molte le stelle delle due squadre che decisero di rifugiarsi in città più tranquille, testimonianza evidente di quanto la rivalità fosse esasperata e costantemente ricercata. Bisognò attendere fino alla stagione ’62-’63 prima di pensare di trovare definitivamente la pace e puntare a traguardi nazionali.
A sparigliare la disputa di Trebisonda ci pensò Orhan Şeref Apak, l’allora presidente della Federazione turca, che quell’anno stabilì che ogni città al di fuori di Istanbul doveva avere al massimo un club cittadino per partecipare alla Superliga turca, competizione nazionale fondata appena 3 anni prima. Furono momenti di incredibile fermento a Trabzon, con i due acerrimi nemici che per mesi si sedettero ai tavoli delle trattative, senza però trovare alcun accordo. La città fu in completo subbuglio, le trattative parvero essere più simili a quelle fra due eserciti che a quelle fra due squadre di calcio e fu solo un colpo di teatro a cambiare ogni cosa.
Il 21 giugno del 1966 l’İdmanocağı si alzò dal tavolo delle trattative per non farvi più ritorno: decise di non fondersi più con l’ İdmangücü, ma con due club più piccoli, il Martıspor ed il Yıldızspor, avendo così il permesso di partecipare alla serie B turca con il proprio nome e con i propri colori, riuscendo a finire il primo campionato nazionale ed arrivando secondo nella Başbakanlık Kupası, la “Coppa del primo ministro”. L’İdmangücü, però, appena un mese dopo il termine del campionato, annunciò anch’esso la fondazione con 2 club più piccoli. Ciò provocò l’ira non solo dei rivali, ma anche del governo, non potendo così accettare l’iscrizione di entrambi i club. Lo shock fu tanto forte che in appena un mese si arrivò alla decisione di fondare il Trabzonspor; il problema, però, erano i colori: nessuna delle due squadre voleva rinunciare alla propria identità e così la discussione si protrasse per ben 5 incontri tanto che, come al solito, fu il governo a risolvere la questione. L’allora direttore generale della Federazione turca stabilì che ognuno dei due club avrebbe dovuto scegliere il colore opposto da quello suo originario, ed è per questo che vennero scelti il blu ed il bordeaux, attuali colori sociali della squadra.
Inizialmente le cose non andarono per il meglio ed il neonato Trabzonspor passò diversi anni nella seconda liga turca. Poi avvenne un vero e proprio miracolo chiamato Ahmet Suat Özyazıcı. Quest’ultimo era stato il pilastro assoluto dell’İdmanocağı e del Trabzonspor poi, diventando allenatore nella stagione ’73-’74 e portando subito la squadra nella massima divisione turca. Qui, dopo un anno di assestamento, terminato al 9° posto (ma con appena 3 punti di distanza dal 4°) e con una finale di coppa di Turchia persa, iniziò una delle epoche più leggendarie della storia del calcio turco.
La stagione successiva si compì il prodigio: il Trabzonspor divenne il 4° club nella storia turca a vincere il campionato dopo Gala, Fener e Beşiktaş, oltre ad essere il primo non di Istanbul a farlo, diventando così la squadra di riferimento dell’intera Anatolia. L’anno successivo non solo venne bissato il successo in Süper Lig, ma il Trabzon si aggiudicò anche la sua primissima Coppa di Turchia, confermandosi come la realtà più forte del calcio turco di quei tempi ed una delle più forti nella storia. Nella stagione successiva le cose andarono un filo peggio: ancora vincitori della Coppa di Turchia ma in campionato vennero superati dal Fenerbahçe per appena un punto. La strada però era segnata e i signori di Trebisonda riuscirono poi, a trionfare per ben 3 anni consecutivamente, plasmando leggende come Turgay Semercioğlu e, soprattutto, Şenol Güneş, probabilmente il più grande portiere turco della storia, tanto che ancora oggi lo stadio del Trabzonspor è a lui dedicato. Il club perse poi due campionati per meno di due punti, ma si confermò ancora campione nel 1983-1984, ultima volta prima di quest’anno.
Di lì in avanti la squadra vinse ben 6 Coppe di Turchia e si avvicinò diverse volte al titolo nazionale, senza però riuscire mai a stringerlo fra le proprie braccia. Sono sicuramente diversi e svariati i motivi di fronte a questi insuccessi, ma tutti i tifosi del Trabzon hanno stampata nella mente una stagione in particolare: il 2010-2011, l’anno della “Calciopoli turca” e del campionato rubato. Ci sarebbe da scrivere un intero libro riguardo a tale vicenda (ed io stesso un anno fa feci un video in collaborazione con Calcio di Periferia), ma vi basti pensare che il Trabzonspor terminò il campionato a pari punti con il Fenerbahçe, perdendo solo per differenza reti; peccato che si scoprì poi che alcuni top club (esclusi Trabzonspor e Galatasaray) si erano comprati gran parte delle partite. Fra l’altro la particolarità e la profonda ingiustizia di tale scandalo fu che, più per motivazioni politiche e di potere che per altro, si stabilì che nessuno dovesse pagare per tali furti, generando la rabbia infinita di Trebisonda.
Per questo motivo la vittoria del titolo di quest’anno è qualcosa di tanto intensa: è la vittoria dell’Anatolia contro le ingiustizie di Istanbul, un trofeo inseguito per quasi 40 anni e che per la prima volta torna a casa, lasciandosi indietro il Fenerbahçe, il club che lo aveva rubato 11 anni prima. Un traguardo immenso che ogni amante del calcio dovrebbe festeggiare, a prescindere dalla propria fede.