Ogni tanto – da nostalgico del calcio vissuto morbosamente negli anni Ottanta – mi soffermo mentalmente a ricordare i volti e le voci dei protagonisti che ero abituato vivere in tv e alla radio. Non nascondo la commozione per le domeniche pomeriggio trascorse nella mia stanza ad ascoltare Tutto il Calcio Minuto per Minuto e poi, al termine, Sua Maestà 90° Minuto, per trasformare l’immaginazione in forma concreta; quelle voci le sento ancora oggi come un imprinting adolescenziale e hanno il potere di riportarmi indietro di decenni, strapparmi un sorriso e qualche lacrima di malinconia. Sono consapevole che tutto questo non tornerà mai più e ringrazio Sandro Ciotti, Enrico Ameri, Tonino Carino da Ascoli, Paolo Valenti, che inconsapevolmente mi hanno regalato quelle emozioni e insegnato ad amare questo sport.
Il tempo è passato, sono invecchiato, ho un lavoro e una famiglia; non ascolto più le partite alla radio. Oggi amo il calcio quasi per inerzia, un cordone ombelicale mai reciso e mai recidibile, un ponte tra la mia adolescenza e la mia personalissima (ed opinabile) maturità. Arranco, tirando due calci ad un pallone insieme a qualche altro malinconico sventurato, sognando ingenuamente di essere potuto diventare chissà chi. E mi vengono i brividi, quando sento nominare Virdis, Beccalossi, Junior Vierchowood, Diaz, Passarella… è un retaggio atavico che non riesco a dominare.
Ma tra questi miei ricordi di protagonisti del calcio, emerge una Donna che alla fine degli anni Ottanta rivoluzionò il modo di raccontare il calcio e soprattutto, di trasmettere emozioni contrapposte alla seriosità ed alla passione religiosa del tempo. Si chiama Rosanna Marani.
Adesso, con un pizzico di orgoglio e relativa supponenza, comprendo che non tutti possano ricordare questo nome. Tuttavia, per un vero malato cronico di pallone, non conoscere Rosanna Marani è più o meno paragonabile a un fisico che non sa cosa sia la formula f = m × a. Nascere nel 1946 come la Marani è un po’ come fare tabula rasa, e la Rosanna Nazionale, da Romagnola purosangue, la immagino una bambina già determinata, a volte scontrosa e combattiva, generosa ed altruista ma poco incline all’accordo per convenienza di sistema o per evitare rischi considerati peggiori. Mi piace pensarla così, mentre corre nei campi coltivati a fragole, tipiche di quei luoghi imolesi, da cui la Rosanna ha ereditato sia il colore che il sapore. La immagino fronteggiare qualche maschietto impertinente, tristemente orgoglioso di imporsi sbavandosi nella propria autoproclamazione di Capo branco. A lei però non va bene. Non va bene indietreggiare o ubbidire per tradizione di genere. Neppure quando cresce, la Rosanna, si sposta o si tira indietro, ma osa con impudenza, quella genuina però, impregnata di coraggio. E con coraggio entra nel mondo del giornalismo zuppo di uomini, occupandosi – a chiamata – della pagina locale de Il Resto del Carlino, cronista di fatti e di eventi, di “cose che possono fare anche le donne perché gli uomini si devono occupare di ben altro“. Eh no. La Rosanna non ci sta. È come una proclamazione di guerra quella che affida alla mamma – dalla quale per osmosi ha assorbito la passione per il calcio e per lo sport – : “Mamma, io andrò a La Gazzetta dello Sport!” suscitando nella genitrice un laconico “Sì… figurati!“
Siamo nel pieno del giornalismo di Gianni Brera e alle donne era interdetta la narrazione sportiva, ancora più di calcio; un mondo fatto di uomini che imperavano, facevano e disfacevano, e le donne silenziose spettatrici abbacinate da quella Commedia dell’Arte, pragmatica e precompilata. Ma la Rosanna non voleva fare la spettatrice. Poteva entrare e voleva entrare. E tra tanti Maschi Alfa, uno illuminato ed avanti per quell’epoca, intuì che la Rosanna di talento ne aveva tanto e sarebbe potuta diventare una protagonista di quel mondo. Con un pizzico di coraggio e con grande disinvoltura quell’uomo di nome Toni Romano – un caro amico del già scomparso padre della nostra Rosanna – la portò a Milano dove la presentò all’amico e conterraneo Gino Sansoni, anch’egli Romagnolo Docg e direttore della rivista Forza Milan!:
‘Le ho portato la Signora, è molto brava. Le dia una mano‘ – ‘Ma io non conosco nessuno a Grazia‘ – e stimolata la Rosanna: ‘Grazia? Gioia? Ma io faccio calcio! Io voglio diventare giornalista per La Gazzetta dello Sport!‘, allorché il Sansoni interdetto, anch’egli assuefatto al sistema – ma “inquinato” dalla tipica sregolatezza romagnola, balzando dalla sedia: ‘Ma lei è matta! Lei è completamente fuori di testa! D’altronde, viene da Imola, città del manicomio…‘ e dopo un brevissimo attimo di eureka ‘… ma Lei è… Lei è geniale! Mo’ adesso mi ci metto subito!‘.
La Rosanna passò al secondo livello, e allo stadio il Sansoni la presenta all’allora direttore della Gazzetta, Giorgio Mottana, il quale obbedendo alle canoniche regole sociali cercò di liquidarla anzitempo con un “Ma NO per carità! Non ho tempo!“. Pensate che la Rosanna abbia deposto le armi? E così, come da quando era bambina, anziché indietreggiare, si parò davanti al regime e impavida gli urlò in faccia: “Mi perdoni! Ma cosa mi devo sposare?! Un Rizzoli?! Un Mondadori? Diventare l’amante di qualcuno? Visto che non discendo dai lombi opimi! Ma perché non mi mette alla prova? A chi devo chiedere se voglio diventare giornalista sportiva?“
Non è dato di sapere se il Mottana avesse avuto più timore o ammirazione. Fatto è che la invitò per la settimana successiva presso la redazione de La Gazzetta, e forse pensando di essere protetto dalle mura del proprio Ufficio, credette di liberarsi definitivamente di quella Donna Diabolica, ma dopo un ulteriore diniego la Rosanna sferrò l’ultimo attacco, prima minacciando di non andarsene dall’ufficio, poi esibendo tutto il suo vigore femminile e iniziando a piangere. Toccato nell’animo o nella ragione, il Mottana, non volendo sbarrarle completamente la strada, ma nemmeno concederle troppo, rispetto alle sue reali intenzioni, le propose, come un monarca indulgente e perfido: “Va bene, va bene dai, mi intervisti Gianni Rivera“. Chissà, forse avrà pensato: “Be’, se riesce davvero facciamo il botto… altrimenti me ne sono liberato definitivamente…“.
Bene, sappiate che Gianni Rivera ovvero il Golden Boy, era in silenzio stampa da sei mesi ed era praticamente impossibile ottenere una sua intervista. Nessun giornalista riuscì nell’impresa tranne… la Rosanna Marani che all’età di 27 anni, in quel novembre del 1973 divenne la prima donna a scrivere sulla Rosea, nonché la prima giornalista sportiva professionista italiana. Non intendo narrare come fece ad ottenere quell’intervista che uscì su La Gazzetta della Sport il 18 novembre – un articolo a 9 colonne nella Terza Pagina (la c.d. Pagina Nobile) – ma sappiate che Gianni Rivera, anni dopo la volle come testimone delle proprie nozze. E non crediate banalmente che abbia ottenuto quell’intervista grazie a chissà cosa: la Rosanna è donna attraente, affascinante, ma non è (solo) questo che l’ha fatta diventare quella che è. Semplicemente Rosanna Marani è nata per oltrepassare i muri. Tutto qui?
Mi perdoni! Ma cosa mi devo sposare?! Un Rizzoli?! Un Mondadori? Diventare l’amante di qualcuno? Visto che non discendo dai lombi opimi! Ma perché non mi mette alla prova? A chi devo chiedere se voglio diventare giornalista sportiva?
Rosanna Marani è Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica, nominata dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga nel 1987 con la seguente motivazione: “per il merito di avere aperto la strada alle donne ad una professione, quella del giornalismo sportivo, a loro preclusa prima del suo avvento“. Rosanna Marani, è stata l’unica donna a cui Gianni Brera ha dedicato una premessa su un libro di calcio, Una Donna in Campo, dove viene paragonata niente di meno che ad Amalia Guglielminetti, immensa poetessa e scrittrice del Novecento che Gabriele D’Annunzio (della quale si innamorò) definì l’unica grande poetessa che avesse l’Italia. Quell’introduzione di Gianni Brera attesta con un sigillo la grandezza della giornalista e rimarrà per sempre un pezzo di letteratura sportiva magnificamente pensato dal grande e geniale Giuanin. Più volte accostata ad Anna Maria Ortese, scrittrice e prima inviata donna a seguire il Giro d’Italia nel Maggio del 1955, costretta a vestirsi da uomo per non scandalizzare il sistema. Ma lei no, Rosanna Marani ha voluto essere donna nella sua bellezza abbacinante, nella sua schiettezza, nella sua interezza.
È stata sempre Lei, Rosanna Marani, la prima a cambiare le regole del giornalismo sportivo, invitando i calciatori in trasmissione (Odeon Tv – Forza Italia! Condotto da Fabio Fazio e Walter Zenga dal 1988 al 1990) e travestendoli in divertenti attori teatrali, mascherandoli e mettendoli al centro di opere teatrali buffe da lei architettate, tirandogli fuori quella parte terrea che nessun tifoso conosceva. Anni dopo la Gialappa’s Band ripercorse a modo loro questo modo di trattare i calciatori. Rosanna Marani oggi è ancora una bella donna, un’affermata poetessa – avendo vinto la seconda edizione del premio Alda Merini – stimata da moltissimi colleghi giornalisti e colleghe che ne prendono esempio per il proseguo della loro carriera. Si è adattata ai social dove scrive intensamente e cura un suo sito lortodirosanna.woedpress.com dove, se vorrete, potrete comprendere il peso che questa donna ha avuto sul giornalismo sportivo (e non solo). Oggi è soggetto di studio di laureandi in giornalismo e figura imponente della letteratura sportiva italiana. Non può bastare questo misero articoletto per parlarvi di Rosanna Marani. Che ad oggi, rimane ancora l’unica donna a comparire nel Famedio della Gazzetta dello Sport. Come? Non conoscevate Rosanna Marani? Bene. Siete sempre in tempo.