In collaborazione con
Racconti di due motociclisti
keyboard_arrow_down
Ascolta e goditi la lettura
LUI
Credo che la passione sia quella cosa che ti fa alzare dal letto ad orari assurdi, ti fa saltare appuntamenti importanti, ti fa dimenticare i momenti tristi, le paure, le debolezze, ti dona gioia, energia, grinta.
Mi ricordo quella volta che, con poco meno di una manciata di ore di sonno sulle spalle, ho preso le protezioni, il casco, gli stivali giusti e sono partito, da solo. Anzi, io e la mia moto. Nelle orecchie avevo il rumore della strada, quel perpetuo e costante suono di asfalto e gomma accompagnato dalla rombo del motore della mia moto. A fare da contorno i miei pensieri. Sparsi, acrilici, diretti, spesso inutili, come fuochi d’artificio si alzavano nel cielo e poi si spegnevano e passavo a uno nuovo.
Siamo abituati così, la competizione, la società del confronto, siamo questo. Ci hanno sempre detto che l’unione fa la forza, ma poi, a conti fatti, ci sono sempre due fazioni, l’una contro l’altra. È così che ti senti quando provi a capire se il tuo viaggio sta andando nella direzione che volevi, quando pensi che, forse, il modo in cui stai approcciando il mondo non è quello giusto. Avete
presente nei cartoni animati quando appaiono improvvisamente un diavoletto e un angioletto sulle spalle di un personaggio?
Ecco, già da lì si capisce. A o B, pillola rossa o pillola blu. A volte penso di essere dentro Matrix, meno male che uscito dall’autostrada inizio a pensare solo alla guida, curva dopo curva. Sarà che il grigio dell’asfalto ti metto un po’ di angoscia e quindi inizi a riflettere su temi forse più grandi di te. Dopo qualche ora mi fermo. C’è un posto panoramico vista lago che sembra fatto apposta per me. Scendo, prendo in pieno una pozzanghera, meno male che non sono andato in moto con le sneakers. Quando vedo qualcuno con le scarpe alla moda e un casco rabbrividisco. Mi spiace per lui.
Dopo qualche ora mi fermo. C’è un posto panoramico vista lago che sembra fatto apposta per me. Scendo, prendo in pieno una pozzanghera, meno male che non sono andato in moto con le sneakers. Quando vedo qualcuno con le scarpe alla moda e un casco rabbrividisco. Mi spiace per lui. Comunque, prendo il telefono e faccio una foto: instagram? No, basta. Questa è per me, solo per me. Credo che la passione sia quella cosa che debba essere condivisa, ma credo anche che, ogni tanto, debba essere quella cosa che rimane solamente dentro di te ti riempie la giornata. Metto via il telefono, guardo ancora l’orizzonte e salgo di nuovo in sella. Riparto.
LEI
Quando guardo i professionisti del cross con la faccia piena di fango ho due pensieri: il primo è legato alla doccia dopo la gara. Deve sembrare la cosa più bella del mondo.
La seconda è legata alla mia esperienza. Qualche anno fa dovetti smettere di giocare a calcio per una stagione, noie personali e infortuni vari. Una volta mi chiesero se mi mancasse il campo da calcio e io risposi che la cosa che mi mancava davvero fosse il fango, la pioggia, le cadute, le scivolate. Quando mi guardano non ci credono, anzi si fanno una risata, pensando che stia mentendo, ma il momento in cui mi rialzo e mi ritrovo zuppa come un biscotto nel latte, l’unica cosa che conta è sapere dove sta andando la palle e recuperarla.
E visto che sono una donna che ama tutti gli sport, una volta ho provato anche io a fare motocross: non si torna più indietro. Sudore, fatica, lividi. Ti porti a casa tutto, sul circuito rimangono solo imprecazioni e dubbi. La prima volta che ho fatto un salto con una motocross sono caduta. Niente di rotto, solo una gran bella botta alle costole, alla schiena e il fango che era finito in bocca e nelle mutante. Quel salto, in quella giornata, l’ho riprovato una decina di volte e ho perso il conto di quante volte fossi stata sdraiata decomposta sul terreno. I miei compagni di avventura mi chiamavano “sdraio”. Due sane risate e ancora in sella. Mi sono fatta male e mi sono riempita di fango.
Questo processo diventa un’ossessione, un loop, tu devi fare meglio di quello che hai fatto prima, devi farcela e non vuoi smettere. Se cadi, vuoi rifarlo senza cadere. Se non cadi, vuoi rifarlo facendolo meglio. Se lo hai fatto bene, vuoi rifarlo, di nuovo, per cercare la perfezione. Una perfezione che non esiste. Esisti solo tu, la fatica e il fango. Finita la giornata sono tornata a casa a pezzi. Non ho fatto in tempo a toccare il divano che mi sono addormentata. Secca. L’indomani ero piena di botte, graffi, dolori, ma ero felice. Forse ho capito che cosa provano i fiori di loto. Il fiore che rappresenta la purezza, la crescita, l'elevazione spirituale. Imparare richiede sacrifici. Il sacrificio richiede dolore. Dal dolore alla speranza, alla bellezza, alla purezza, alla capacità di imparare.
Si può crescere anche partendo dal fango, anzi tutti noi, alla fine, nasciamo dal fango, prima ne prendiamo atto prima possiamo imparare ad evolverci e compiere la metamorfosi.
Zeta è il nostro modo di stare al mondo. Un magazine di sport e cultura; storie e approfondimenti per scoprire cosa si cela dietro le quinte del nostro tempo,