Sports is hell

Sports Is Hell

A differenza di noi europei, in USA trattano lo sport come se fosse epica; tutto è esaltazione: ogni sconfitta un dramma, ogni vittoria un trionfo. Un comportamento abbastanza normale se consideriamo che si tratta di una nazione abbastanza giovane che non ha vissuto un passato e un’epica come la nostra. E, considerando che il loro passato è abbastanza contraddittorio — basti pensare al genocidio degli indiani – parte prevalente del loro racconto nel cinema e nella letteratura è legata allo sport. È normale per un americano trattare un campione come un eroe, lo è meno per un europeo. Dall’altra parte dell’oceano lo sport è una cosa tremendamente seria, al punto da decidere anche il destino della nazione. Per questo quando ci si trova di fronte alla graphic novel di Ben Passmore, Sports Is Hell, si rimane piacevolmente spiazzati.

Sports is Hell

Come scrive Etelka Lehovzky: “Questo racconto è un mito senza morale, il che lo rende una parodia mortale delle narrazioni del bene e del male, del trionfo e della tragedia promosse dagli sport organizzati.” Nella sua ultima fatica Passmore mette insieme tutti i mali della civiltà americana: il razzismo e le incongruenze del movimento Black Lives Matter, la questione spesso sottaciuta delle lesioni cerebrali dei giocatori di football (la storia di Jack Kerouac è emblematica) e gli abusi degli sport universitari, le cui istituzioni traggono profitto dal lavoro di atleti – spesso afroamericani – in cambio di ricompense illusorie. Tutti drammi che si mescolano insieme in tutta la loro complessità, in un contesto fatto di violenza e contraddizioni. 

Sports is hell

La storia ruota tutt’intorno al SuperBowl, l’evento sportivo americano per antonomasia. Quasi 100 milioni guardano ogni anno la finale di football; un evento in cui sport e spettacolo si fondono in questo unicum, che è l’essenza dello spirito sportivo a stelle e strisce. È un evento che riunisce persone provenienti da ogni parte della società, indipendentemente dal loro stato sociale, dalla religione o dal colore della pelle; è un elemento unificatore finché tutte queste diverse opinioni non iniziano a scontrarsi… E da questo punto che la storia di Passmore prende vita.

In una fantomatica città due ragazzi afroamericani discutono sul fatto che l’imminente vittoria del SuperBowl della squadra di casa farà sicuramente scoppiare rivolte in tutta la città. Ed è infatti proprio quello che accade. I due vengono trascinati in un vortice di violenza e nonsense; un caleidoscopio in cui ogni nuovo personaggio che compare si fa paladino di un ideale con tutte le sue contraddizioni.

Sports is hell

Le rivolte hanno dato inizio a quasi tutti i movimenti rivoluzionari neri negli Stati Uniti!

Ben Passmore

Bande armate, appartenenti ad ogni colore politico, impazzano per le strade distruggendo qualsiasi cosa e picchiando chiunque li passi a tiro. Un’escalation di violenza che si mescola con le ipocrisie di chi non partecipa agli scontri, ma assiste passivamente a quello che sta accadendo. È il caso, per esempio, di una coppia etero goffa e distaccata che, sebbene si descriva come liberal e sostenitrice del movimento BLM con affermazioni come: “È la protesta Black Lives Matter? È così eccitante!“, appena incontrano un rivoluzionario nero pensano subito che stia mendicando. 

Sports is hell

Tutte le opinioni su qualsiasi delicata tematica socio-politica sono radicali e quindi contraddittorie. Tutto questo rigurgito di follia trova forza nei colori decisi e netti con cui Passmore dà forma alla sua storia: uno sfondo nero, cupo in cui emergono i tratti dolci color albicocca dei personaggi. Un contrasto che circoscrive il caos in una dimensione onirica e che acuisce la fragilità dell’estremismo di ogni suo personaggio. In ogni pagina risaltano bombe e spari: è un inferno, la rappresentazione del pessimismo dell’autore che mette alla prova chi legge sul potenziale squilibrio della società americana. E come per tutte le opere satiriche se non ridi, finisci per piangere. 

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