Chissà come nasce e perché una vocazione alla solitudine del fatto che lo stesso isolamento, la medesima separazione di cui i Finzi Contini avevano circondato i loro defunti circondava anche l’altra casa che essi possedevano, quella in fondo a corso Ercole I d’Este.
Il giardino dei Finzi-Contini é un libro diviso in due parti. Mondi distanti pur essendo contemporanei, mondi paralleli vicini eppure distanti. Realtà spirituali divise da un muro geografico, da una recinzione che sottolinea un dentro e un fuori. Giorgio Bassani vuole sottolineare una solitudine che appare dalla divisione fisica dalla città, ma che si inalbera tra scelte politiche e sociali. Non è un caso che Il giardino dei Finzi-Contini sia un libro strutturale in cui la posizione dei luoghi detta una precisa psicologia. Quasi una psicologia della forma, una Gestalt. E non è un caso che l’opera di maggior successo di Giorgio Bassani sia inserita nello straordinario ciclo Il romanzo di Ferrara che comprende oltre al già detto Il giardino dei Finzi-Contini, Gli occhiali d’oro, L’airone, L’odore del fieno, e due libri significativamente intitolati Dentro le mura e Dietro la porta. Lo spazio geografico di Ferrara é il teatro di una commedia amara, anche se addolcita da quella provincia morbida e borghese che Bassani ha colto in un momento storico di stravolgimento. Piccole storie, piccoli inganni, piccole vite: tutto diventa immediatamente alta letteratura nelle parole cesellate di Bassani. Ma é con Il giardino dei Finzi-Contini che Bassani delimita una vera e propria linea di separazione, un dentro e fuori. Una scelta di solitudine fatta da una famiglia ebraica che si estranea dal mondo, sceglie l’autoisolamento. Lezioni private, contatti con il mondo esterno ridotti al minimo, eppure qualcosa ad un certo punto rompe questo equilibrio e permette ai due mondi, fuori e dentro le mura, di comunicare.
Siamo al secondo capitolo e la cosa che arriva a rompere la solitudine della riserva Finzi-Contini è il tennis, il gioco praticato dai Finzi-Contini, dal protagonista del libro e soprattutto adorato da Giorgio Bassani.
La volta che mi riuscì di passarci davvero, di là dal muro di cinta del Barchetto del Duca, e di spingermi tra gli alberi e le radure della gran selva privata fino a raggiungere la magna domus e il campo di tennis, fu qualcosa come una decina d’anni più tardi.
È una telefonata di Alberto Finzi Contini che chiede al protagonista del romanzo se sia vero che a causa delle leggi razziali, lui ed i suoi amici ebrei siano stati cacciati dal Circolo del tennis. Alla risposta affermativa, Alberto Finzi-Contini fa un invito, rimasto nella storia della letteratura, riportato dal protagonista stesso.
Se mi accontentavo di un campo in terra-battuta bianca – continuò – con scarsi outs; se, soprattutto, dato che giocavo di sicuro molto meglio, mi fossi “degnato di fare quattro palle” con lui e con Micòl.
É il tennis, ancor prima degli effetti devastanti delle leggi razziali, ad aprire al protagonista le porte di casa Finzi-Contini. Nel libro il protagonista è un buon giocatore, ha classe, lancio, rovescio, insomma non sono pochi i particolari che lo accomunano allo scrittore stesso che a Bologna vinse il campionato di Emilia Romagna, ma a causa delle leggi razziali fu escluso dal Circolo Marfisa d’Este, episodio che ritorna fin troppo simile con Il giardino dei Finzi-Contini. Così il tennis apre la porta di un mondo chiuso, di un’autoreclusione che per ribaltamento storico si apre proprio nel momento in cui si indice la caccia al giudeo. Il tennis fa da collante sociale si potrebbe dire con qualche esagerazione, visto che a partecipare alle sedute di tennis non c’è solo il nostro protagonista. I ragazzi che compiono la spedizione oltre le mura sono tutti borghesi di Ferrara tranne uno strano personaggio, Giampiero Malnate operaio nella fabbrica chimica cittadine e fervente comunista. Tra una partita e l’altra Malnate espone le sue teorie sul Fascismo, spesso troppe fervide per la pacatezza del protagonista. Ma é ancora il tennis ad aprire un’altra porta in Finzi-Contini, quella del cuore di Micol, sorella di Alberto. Micòl appare come poco più di una bambina all’inizio della narrazione, un personaggio d’appendice, ma che con il susseguirsi delle pagine diventa il vertice delle meditazioni del protagonista.
Fu così che cominciarono, così sempre per ingannare l’attesa fra una partita e l’altra, le nostre lunghe scorribande a due.
E nelle attese lunghe, a volte molte lunghe, tra una partita e l’altra (nel caso della citazione è il Malnate a sfidare l’amico di liceo Alberto) che il protagonista e Micòl hanno modo di conoscersi e approfondire il loro rapporto, grazie alle camminate in un parco enorme, “un dieci ettari” pressapoco. Durante queste lunghe passeggiate il protagonista si innamora di Micòl, anima inafferrabile, colta e raffinata. E sarà ancora il tennis a comparire nella prima chiacchierata intima fra i due giovani giocatori, in cui Micòl provoca l’infatuato tennista esponendo la possibilità che lei si allontani da Ferrara a Venezia. Dialogo che diventerà centrale nella loro mancata storia d’amore, come uno dei tanti esempi di mancato coraggio da parte del protagonista che si limiterà a dirle che tanto avrebbe potuto continuare a giocare anche Venezia.
Ma é l’immagine dell’innamoramento a farci capire come Il giardino dei Finzi-Contini, oltre a tantissime altre cose, sia un libro che gira intorno al tema del tennis, amore grande che Bassani condivideva anche con l’amico Pasolini. Passione sportiva quella dei due grandi intellettuali che li porterà a giocare in ogni momento di pausa dal lavoro, come se fosse l’unica cosa che davvero li potesse svagare. Nel secondo capitolo troviamo la descrizione della scoperta dell’innamoramento per Micòl:
Sognavo per esempio di trovarmi, proprio come il primissimo giorno che avevo messo piede nel giardino, a guardarla mentre giocavo a tennis con Alberto.(…) Della bambina di dieci anni prima mi chiedevo disperato, che cosa era rimasto in questa Micòl di ventidue anni, in shorts e maglietta di cotone, in questa Micòl dall’aria così libera, sportiva, moderna.
Non basterà il tennis al protagonista per tenere vicina Micòl e non basterà ancora a salvare la famiglia Finzi-Contini dalle atrocità del Fascismo. Però, rimarrà il tennis la chiave di apertura di mondi ed emozioni. Il tennis accompagnerà sempre Bassani, una passione a cui dedicherà anche delle poesie, come nel caso di Tale e quale tratta dalla raccolta In gran segreto
Tale e quale come questo quaderno
da me scordato iersera dentro il metallico
armadietto del Circolo
e là rimasto nel buio pesto e stantio fra la Dunlop
l’accappatoio di spugna due paia
di vecchie scarpe mezze rotte l’asciugamano
non proprio di bucato quel decrepito
golf stile ’38 che ti fa sempre un po’ ridere e non so che altro…